Home Archivio storico 1998-2013 Sistemi scolastici europei Disoccupazione giovanile e bassa istruzione: “tara” non solo italiana

Disoccupazione giovanile e bassa istruzione: “tara” non solo italiana

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Mentre in Italia il rapporto Ista-Cnel scatta una fotografia impietosa sull’avanzare della disoccupazione tra i giovani italiani, anche qualificati e laureati, in Spagna il Governo cerca di prendere di petto la situazione: proprio per combattere la disoccupazione giovanile, il 12 marzo ha annunciato un piano con "15 misure shock", tra i quali vi sono anche alcuni provvedimenti abbastanza originali. Come la possibilità per gli under 30 che avviano una impresa di continuare a percepire i sussidi di disoccupazione per nove mesi, oppure addirittura di farsene versare in una unica soluzione l’equivalente dell’intero ammontare. Un provvedimento che chiaramente punta a creare un incentivo per regolarizzare l’enorme quota di economia sommersa che si è creata in Spagna, e che vede tra i suoi beneficiari anche molti di coloro che dichiarandosi formalmente disoccupati percepiscono i relativi sussidi.
Il pacchetto di misure, annunciato dal premier Mariano Rajoy incontrando le parti sociali, complessivamente vale 3,485 miliardi di euro su quattro anni, che per quasi un terzo (32 per cento) verranno finanziati dall’Unione europea. In Spagna oltre un attivo con meno di 25 anni su due è disoccupato, ed il paese ha il più elevato tasso di disoccupazione di tutte le economie avanzate, oltre il 26 per cento secondo l’Ocse.
Prevede innanzitutto un grande intervento di formazione "ai giovani che non hanno lavoro, né opportunità di occupazione in quanto hanno un deficit di istruzione: sono in 450.000", ha detto il premier. Sono poi previsti questi aiuti alla creazione di imprese, tra cui la riduzione dei contributi sociali per 800 euro l’anno, per tre anni al massimo, a favore di coloro che assumano un giovane con meno di 30 anni.
L’Ue per parte sua ha previsto di sbloccare 6 miliardi di euro nel suo bilancio 2014-2020, proprio a favore delle regioni in cui la disoccupazione giovanile superi il 25 per cento. Del resto, la situazione è allarmante: nei paesi avanzati a inizio anno la disoccupazione tra i giovani è tornata ad aumentare. Dopo tre mesi di stabilità a gennaio è salita all’8,1 per cento per la media dell’area Ocse, dall’8 per cento del mese precedente. Nei circa 30 paesi che la compongono, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha contato 48 milioni 800 mila disoccupati, mezzo milione in più rispetto ad un anno primo a ben 14 milioni in più rispetto al minimo toccato nel luglio del 2008.
I fondi destinati all’iniziativa saranno impiegati per rafforzare e accelerare le misure descritte nel ”pacchetto per l’occupazione giovanile” del dicembre 2012, e per finanziare, nelle regioni ammissibili, misure attuative della “raccomandazione relativa alla garanzia per i giovani”concordata nell’ambito del Consiglio dei ministri del lavoro e degli affari sociali dell’UE del 28 febbraio (cfr. MEMO/13/152). Il fine è garantire che i giovani degli Stati membri fino all’età di 25 anni ricevano un’offerta qualitativamente buona di impiego, di formazione continua, di apprendistato o di tirocinio entro quattro mesi dall’uscita dal ciclo scolastico o dall’inizio del periodo di disoccupazione.
L’iniziativa Ue è concepita per integrare altri progetti nazionali, tra cui quelli che ricevono il sostegno del Fondo sociale europeo, al fine di istituire o attuare dispositivi di garanzia per i giovani, come la riforma delle istituzioni e dei servizi competenti.
Dei fondi previsti, 3 miliardi di euro proverrebbero da una linea di bilancio specifica per l’occupazione giovanile e almeno altri 3 miliardi dal Fondo sociale europeo. Date le attuali difficoltà di bilancio degli Stati membri dovute alla crisi economica, solo il contributo del Fondo sociale europeo sarebbe da integrare, da parte dagli Stati membri, con un proprio contributo finanziario.
Scettici però sul piano del governo i due maggiori sindacati spagnoli, l’Ugt e il Ccoo, che parlano di "effetti limitati" dell’intervento se non verrà accompagnato da un riorientamento della politica economia che dia priorità al lavoro rispetto al risanamento dei conti.
Intanto, in Italia non mancano le reazioni ai dati Istat-Cnel. Secondo il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, "la recessione ha aggravato il mercato del lavoro giovanile con una segmentazione del sistema del welfare, salari bassi e diminuite progressioni di carriera. In questo contesto – ha avvertito Visco – sono stati i giovani in Italia che hanno sofferto di più la recessione. Più che altrove, spesso uscendo dal mercato del lavoro. Questo si è inserito su un trend di grande cambiamento".
Negli ultimi 5 anni, ha evidenziato il governatore "il tasso disoccupazione giovanile è sceso molto di più che per le persone più adulte. Quando c’è’ una recessione – ha proseguito – ci dovrebbe essere la tendenza a investire di più in formazione e istruzione ma ci vogliono le risorse e la percezione che questo serva. La percezione non c’è – ha riconosciuto Visco -questo spiega il 28 per cento di giovani disoccupati al nord e il 40 per cento al sud. Quello che è mancato è stata una forte domanda di ricerca di conoscenza".
Le parole di Visco sui tanti disoccupati del Sud sono state riprese dall’Anief. Che si è soffermata su quelli riguardanti i giovani del Mezzogiorno che non lavorano e non studiano (sfiorano il 32%, mentre nelle regioni Settentrionali sono meno della metà), oltre che sulla quota di cittadini di 25-64 anni con almeno il diploma superiore pari al 59% al Nord e al 48,7% nel Mezzogiorno. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, ormai lo “stato di abbandono che sul fronte dell’istruzione ha toccato l’apice. Con il risultato che oggi il Meridione è carente in infrastrutture, sia formative che sociali”. Per il sindacato autonomo il Sud perderebbe quindi sempre più contatto con il resto della Penisola. Con troppi giovani dal destino segnato. “Per tutti questi motivi il nuovo Governo che si appresta ad essere formato dovrà necessariamente mettere l’istruzione tra priorità d’intervento. E parallelamente procedere allo sviluppo del patrimonio turistico-culturale, una risorsa inestimabile che l’Italia continua a tenere in disparte. Una scelta che – conclude Pacifico – rilancerebbe l’economia e assorbirebbe un altissimo numero di giovani oggi inoccupati. Anche del Sud”.