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Gruppi WhatsApp di alunni e famiglie: lo sfogatoio è servito. I docenti ne rimangano fuori

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Qualche settimana fa scrivevamo: “Come si deve comportare un docente che riceve da uno studente la richiesta di amicizia su Facebook? L’etica e il buon senso dicono che occorre negare la richiesta. Il contratto di categoria, invece, ancora no”. Dello stesso parere si era detta la ministra dell’Istruzione: i docenti “non devono mai superare il limite dell’esercizio di libertà educativa nella didattica perché c’è il rischio che si sfoci in atteggiamenti che sono utilizzati, in alcuni casi, a fini diversi”.

A dire di no è anche il Ccnl

Nel frattempo è stato però firmato il contratto collettivo nazionale. Il quale comprende, per la prima volta, misure disciplinari  da adottare per chi utilizzerà in modo improprio i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti.

Nella nostra disamina, però, parlavamo pure di buon senso. Un concetto che deriva dalle troppe esperienze negative vissuti dagli insegnanti che hanno provato l’esperienza di avviare delle “amicizie” via social.

Gianni Zen: Il confine deve essere sempre chiaro e limpido

La pensa così anche Giovanni Zen, dirigente scolastico del liceo Brocchi di Bassano del Grappa: in un Circolare del 12 aprile scorso – rivolta a studenti, genitori e docenti – il capo d’istituto veneto ricorda ai docenti “che devono mantenere sempre un ruolo istituzionale, anche fuori dalla scuola, senza cadere in forme amicali o altro: si dialoga, si dialoga, si dialoga, ma la responsabilità educativo-didattica, in classe e fuori, è comunque del preside e dei docenti. Compresa l’ultima parola su singole questioni”.

Ecco, quindi, perché bisogna sempre non “dare adito a comportamenti che possono ingenerare confusione di ruoli, compresi atteggiamenti amicali od affettivi. Perché sempre e comunque a scuola (e fuori dalla scuola), gli adulti siamo noi. Gli adulti, lo ripeto, siamo noi. Adulti, poi, con un preciso ruolo educativo: gli educatori siamo noi. Il confine deve essere sempre chiaro e limpido. Chiarezza e dialogo, dunque. Nelle relazioni, nelle responsabilità, nelle valutazioni, nei rapporti”, conclude il capo d’istituto.

Insomma, la presenza su Facebook o WhatsApp degli insegnanti in gruppi con gli studenti, può anche realizzarsi. Il suo utilizzo è però pieno d’insidie, la prima delle quali è quella del prof-amico che perde autorevolezza. Ecco perché è meglio risolvere il problema alla radice.

Quei gruppi di genitori e alunni che navigano tra info sbagliate e mancanza di rispetto

Nella sua disamina, Zen si sofferma poi su “una prassi, figlia dei nostri tempi, che sta diventando, in alcuni casi, difficile da gestire. Parlo dei Gruppi WhatsApp: tra genitori e tra studenti della stessa classe, soprattutto. Con parole e linguaggi che, ne ho avuto più volte la riprova, sconfinano in alcuni casi in informazioni sbagliate, se non nella fasulla libertà della mancanza di rispetto, anche dei propri docenti”.

Zen non ne fa una regola assoluta, “perché questo fenomeno è presente, ed è conosciuto”. La sua attenzione è rivolta verso quello “sfogatoio irrispettoso che si registra in alcuni casi”.

Sempre nella Circolare interna, Zen, incita alunni e genitori “ad un uso corretto di questi Gruppi” e ciò presuppone un’apertura al dialogo, “ma senza mai andare oltre il confine delle reciproche responsabilità”.