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E se tuo figlio è un bullo? Che fare

Di fronte al fenomeno del bullismo, che non pare scomparire dalle nostre scuola, Vita.it ha intervistato addirittura un criminologo e psicoterapeuta, specializzato in giustizia riparativa, il quale subito dice che bisogna far “respirare il più possibile nell’ambiente di casa un clima non violento”. E dunque evitare la violenza verbale e nelle relazioni perchè  “dietro l’agito di un adolescente c’è sempre tutto il sistema familiare”.

Il bullismo, per l’esperto, viene da situazioni vissute in famiglia, anche nella forma della trascuratezza emotiva. Generalmente in casa oggi si parla molto poco del vissuto emotivo dei ragazzi e la famiglia è diventata un luogo di incontro economico, più che emotivo.

“Non c’è spazio per l’elaborazione dei sentimenti di dolore, di perdita. La testa di un ragazzo è una galassia, non è facile entrarci, soprattutto a livello di emozioni, a volte ruvide, nascoste”. E dunque “educare all’etica della non violenza nelle relazioni. Non guardare tutto il tempo il cellulare”, ma sforzarsi di parlare perché questi “ragazzi hanno un bisogno estremo di parlare, di incontro, di appartenenza”. 

E mancando questa appartenenza, si cerca nel branco “che è una nuova forma di comunità e di aggregazione dei giovani. Poi c’è la questione dell’apparenza agli occhi del mondo, che ora passa attraverso il cellulare e i social. In realtà nelle azioni di questi ragazzi si nasconde un isolamento e un dolore di fondo”.

Non serve punire, perché produce rabbia addizionale. Il primo approccio deve essere morbido, che non significa giustificazionismo, ma comprensione”.

Dobbiamo sempre andare all’origine, vedere da dove deriva una situazione. Un bravo terapeuta sa individuare quel punto, magari sconosciuto, magari rimosso perché scomodo, nel quale è nato l’atto violento, che viene sempre da una ferita profonda”

Per questo occorre che la scuola stabilisca un percorso virtuoso con la famiglia, “un percorso di giustizia riparativa, ci sono sempre più casi in cui autore, vittima e relative famiglie si incontrano, cercano di guardarsi negli occhi, di parlare. Quello che manca oggi è il dialogo. Spesso la violenza prende il posto della parola perduta che non si riesce a pronunciare”

E poi “gli insegnanti devono essere in grado di riconoscere tre elementi distintivi del bullismo: 

la ripetizione nel tempo, lo squilibrio di potere e l’intenzionalità

Infatti, mentre un singolo episodio di prepotenza può essere un conflitto occasionale, il bullismo si manifesta quando un comportamento negativo si ripete nel tempo, creando un impatto emotivo e psicologico sulla vittima. 

Il secondo elemento è lo squilibrio di potere. Quando uno o più bulli agiscono contro una vittima che, per vari motivi, si trova in una posizione di svantaggio. La dinamica di prevaricazione si amplifica quando la vittima è costretta a vivere in una situazione di isolamento sociale o esclusione ripetuta.

Il terzo e ultimo elemento distintivo è l’intenzionalità. Quando c’è veramente una intenzionalità crudele in qualche modo malvagia. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i ragazzi che compiono atti di bullismo non sono consapevoli del danno psicologico che causano. Spesso, dietro questi comportamenti c’è il desiderio di appartenere a un gruppo, di acquisire un potere o di trovare una forma di compensazione per difficoltà personali. 

Un approccio utile per spiegare ai ragazzi la differenza tra un semplice conflitto e il bullismo è quello di proporre attività pratiche, come discussioni di gruppo e drammatizzazioni. Questo tipo di attività non solo stimola la riflessione sui diversi comportamenti di prevaricazione, ma consente anche di esplorare le emozioni e i pensieri della vittima, mettendo in evidenza come si sente chi subisce bullismo.

Redazione

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