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Formazione iniziale: ci vuole un mix di saperi disciplinari e di competenze pedagogiche. La posizione delle associazioni professionali

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La scuola del XXI secolo esige professionalità competenti nei saperi disciplinari e nei saperi professionali in campo psico-pedagogico, didattico, organizzativo e gestionale; professionalità consapevoli, capaci di lavorare in una dinamica collaborativa e di assumere responsabilità istituzionali, collettive, civili”: lo sostengono le associazioni professionali AIMC, MCE, CIDI e Proteo in apertura di un documento con cui prendono posizione sul decreto legge 36 chiedendone modifiche su più punti.
Secondo le 4 associazioni “il piano di studi per l’abilitazione all’insegnamento deve basarsi innanzitutto su “un principio di propedeuticità nel piano di studi destinato all’insegnamento con l’acquisizione dei 60 crediti formativi universitari e accademici solo a partire dal possesso della laurea triennale e per i corsi a ciclo unico da chi ha già conseguito almeno 180 CFU/CFA”.
Ma soprattutto ”per tutti i percorsi di abilitazione all’insegnamento va garantita la dimensione sociale dell’apprendimento per permettere ad ogni studente di vivere e sperimentare nelle attività di laboratorio delle aule universitarie i saperi e le pratiche della professione: la centralità del soggetto, il valore del gruppo e del lavoro cooperativo”.

“A tal fine – aggiungono le 4 associazioni firmatarie del documento – tra i prerequisiti dichiarati dalle Università per poter rilasciare CFU, occorre prevedere l’adozione nelle aule universitarie di un approccio didattico socio-costruttivo che attivi curiosità, stimoli la domanda e la riflessione critica, per sviluppare nel futuro insegnante un’abitudine problematizzante e riflessiva”.

Per quanto riguarda la formazione continua si parla di una “forte collaborazione tra le università, il patrimonio di professionalità delle Associazioni professionali e le scuole”.
Mentre la Scuola di Alta Formazione deve rappresentare “il punto di arrivo delle esperienze formative coerenti con le linee guida stabilite, ma riconoscendo ogni singola istituzione scolastica come centro di ricerca e di sperimentazione, responsabile della formazione del proprio personale”.
Sul tema dell’obbligo la posizione è piuttosto chiara: “Va previsto, inoltre, nell’ambito di una specifica normativa contrattuale, un numero di ore di formazione per tutti i gradi di scuola su percorsi scelti dal collegio dei docenti sulla base dei bisogni individuati, come responsabilità intrinseca della professionalità del docente, valorizzata attraverso più qualificate condizioni salariali e di organizzazione del lavoro”.