Alunni

La scuola non è solo programmi e voti, è spazio d’ascolto che muta la paura di fallire degli alunni in voglia d’imporsi: studio Ipsos

Sabato 18 ottobre, nell’ambito della giornata formativa Parole a Scuola, presso l’Università Cattolica di Milano, verrà presentato un nuovo studio condotto da Ipsos per l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l’associazione Parole O_Stili.

L’indagine coinvolge, come riporta Ipsos & Osservatorio Giovani, Istituto Giuseppe Toniolo, Indagine “Gen Z e Scuola” (2025), un campione di 815 adolescenti italiani tra i 14 e i 19 anni, ed esplora un tema centrale e spesso trascurato: il rapporto tra i giovani, le emozioni, la paura del fallimento, la speranza, l’empatia e i valori morali.

“Gli adolescenti non chiedono di essere protetti da tutto, ma di essere ascoltati e riconosciuti nella loro fatica”, spiega Elena Marta, professoressa di Psicologia sociale e membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio Toniolo, tutto riportato da Adnkronos, il 7 ottobre 2025

Nonostante il clima sociale spesso incerto, la Generazione Z italiana mostra un buon livello di speranza attiva e di motivazione interna.

Si può rapportare l’argomento trattato, come riporta sempre Ipsos – Toniolo 2025, ad uno studio basato sulla scala della Hope Theory di Snynder, una scala che attribuisce dei valori da 1 a 5 a diversi fenomeni studiati con determinati criteri valutativi. Per quel che riguarda la dimensione “pathway”, ovvero la capacità di immaginare soluzioni per raggiungere i proprio obiettivi prefissati, la media è di 3,61 su 5, mentre per la dimensione “agency”, ovvero la fiducia delle proprie capacità, la media è di 3,52 su 5

Riguardo i più giovani, dai 14 ai 16 anni, risultano anche i più propositivi, 3,66, sulla scala “pathway” rispetto ai coetanei più grandi, 3,54.

Un segnale che il desiderio di costruire un qualcosa per il domani è ancora vivo, purché sostenuto da adulti capaci di incoraggiare.

La parte più dolorosa del report riguarda la paura del fallimento.

I punteggi medi oscillano tra 2,4 e 2,9 su 5, con le punte più alte legate alla vergogna dopo un errore, alla svalutazione di sé e alla paura di deludere figure significative delle proprie vite quotidiane.

Le ragazze riportano livelli più alti di paura rispetto ai ragazzi.

Mentre i ragazzi e le ragazze tra i 17 e 19 anni vivono l’insuccesso con maggiore intensità rispetto a quelli più piccoli, soprattutto in ambito scolastico, manifestando particolare attaccamento al voto, come un qualcosa di irrimediabile.

La scuola, spiegano i ricercatori, viene spesso percepita come un luogo di giudizio più che di crescita.

Un commento sprezzante, una battuta fuori posto, un voto umiliante possono diventare piccole ferite quotidiane che minano l’autostima.

Non a caso, molti studenti reagiscono con indifferenza apparente o arroganza difensiva, mascherando una vulnerabilità profonda.

Lo studio mostra anche che gli studenti dei licei si sentono più sotto pressione rispetto a chi frequenta istituti tecnici o professionali.

Le aspettative elevate, che si percepiscono sia a casa sia in classe, e la minore tolleranza verso la fatica personale generano ansia e paura di non essere abbastanza.

Secondo il Rapporto Giovani 2024 dell’Istituto Toniolo, il 55% dei liceali dichiara di vivere “stress scolastico frequente”, contro il 38% degli studenti dei professionali e tecnici.

Contro ogni stereotipo, la Generazione Z dimostra forti livelli di empatia e attenzione ai valori morali.

Sulla scala Moral Foundations Relevance, con valori da 1 a 6, i punteggi medi sono: “prendersi cura e non arrecare danno” con il 4,61; “giustizia e equità” con il 4,58; “purezza e integrità personale” 4,51.

Le ragazze e i più giovani, 14-16 anni, risultano i più sensibili in queste dimensioni, e presentano anche livelli più alti di empatia affettiva e cognitiva.

“Dietro la fragilità c’è un desiderio di riscatto e di futuro. La speranza, sostenuta dalla capacità di immaginare percorsi alternativi, è la risorsa su cui costruire interventi educativi efficaci”, sottolinea sempre Elena Marta.

“Questi dati non parlano solo della Gen Z, ma anche di noi adulti. Le parole che usiamo, la fiducia che sappiamo trasmettere, fanno la differenza”, afferma Rosy Russo, fondatrice dell’associazione di Parole O_Stil, paroleostili.it, 2025.

L’associazione, da anni impegnata contro la violenza verbale, promuove progetti scolastici come ‘Parole a Scuola’, che mira a formare insegnanti e genitori a un linguaggio educativo più empatico e consapevole.

La lezione più grande di questa ricerca è che la scuola resta la base della crescita. Se diventa uno spazio di ascolto e riconoscimento, può trasformare la paura di fallire in desiderio di riuscire.

“I ragazzi non chiedono protezione, ma riconoscimento”, è questo, forse, il messaggio più urgente per chi lavora ogni giorno tra i banchi: non bastano programmi e voti, serve far sentire valore ai ragazzi anche quando sbagliano, per far sì che la scuola diventi una grande risorsa per la comunità educativa.

Marco Giuliani

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