Ogni scuola è un tribunale, potremmo dire parafrasando un vecchio detto popolare. C’è l’istituto che decide di investire nel digitale, come riportato da Repubblica qualche giorno fa: in un Istituto Comprensivo di Roma gli alunni riceveranno un tablet dalla scuola, in comodato d’uso, sul quale caricheranno i libri di testo acquistati in versione digitale e quindi meno cari. Riduzione della spesa e annullamento del peso dello zaino. A prima vista, tutto bene.
C’è, invece, l’Istituto, che dopo avere provato la stessa cosa per un intero anno scolastico, ha deciso di tornare al vecchio, caro (in tutti i sensi…) libro cartaceo.
Come riportato, infatti, dal quotidiano francese Le Figaro, un liceo di Nantes, dopo avere testato durante lo scorso anno scolastico i manuali digitali per tutti gli alunni, ritorna sui suoi passi, riconosce di essersi sbagliato e ricomincia dal cartaceo. Via i tablet, rientrano i libri.
La decisione non è stata semplice, né è scaturita da un atto unilaterale del dirigente scolastico, ma è il risultato di vere e proprie consultazioni avviate con gli alunni, i docenti e le famiglie. Il nuovo preside del liceo, insediatosi a settembre 2023, aveva in un primo tempo confermato il progetto avviato dal suo predecessore, che aveva colto l’occasione datagli dalla Regione, che forniva gratuitamente computer portatili a tutti gli iscritti alla prima classe della secondaria superiore. Perché no, dunque? C’erano tutti gli elementi utili per continuare: minori spese per le famiglie, facilità di accesso a risorse e documenti, peso dello zaino ridotto quasi a zero.
Tuttavia, nel corso di quest’ultimo anno scolastico, l’equipe pedagogica del liceo si è resa conto – pur riconoscendo i vantaggi del processo di digitalizzazione – che gli alunni erano più deconcentrati e stanchi, con evidente affaticamento visivo.
Deconcentrati perché, come è normale che sia in questa fascia d’età dove le regole servono per essere trasgredite, gli studenti tendevano, durante le lezioni, ad approfittare del Wi-Fi della scuola per effettuare le loro scorribande virtuali sui social o sui siti di acquisti online. Tanto che i docenti erano costretti a piazzarsi in fondo all’aula per potere controllare che sugli schermi dei tablet ci fossero i libri di testo o altre risorse didattiche e non Instagram, ad esempio.
L’affaticamento generale e visivo era la normale conseguenza di una giornata passata davanti a uno schermo. Perché dopo le ore di scuola, i ragazzi continuavano la loro vita social sugli smartphone personali.
A scuola si sono posti, dunque – dichiara il preside a Le Figaro – se proseguire o no il progetto. E, consultate tutte le componenti, la risposta è stata no.
Riteniamo che la scelta del liceo di Nantes sia corretta: non c’è in atto la volontà di tornare all’età della pietra, né di resistere al progresso, ma soltanto di trovare gli strumenti e le misure giuste per fare sì che la tecnologia non sia invadente e invasiva, ma finalizzata alla crescita sana ed equilibrata dei ragazzi.
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