ph Mario Camilletti
“Studiare il latino vuol dire andare alle radici della lingua italiana e del significato delle parole”, così il ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara, ha motivato la scelta di inserire nelle Indicazioni nazionali per il curricolo lo studio, opzionale, del latino, anche perché vorrebbe implementare “una scuola seria, proiettata verso il futuro e attenta all’educazione critica dei nostri ragazzi”.
Premesso che ogni ministro dell’istruzione che si alterna al dicastero inserisce delle novità più o meno importanti, forse per lasciare il segno del suo passaggio, la domanda che molti si pongono è la seguente: ma per davvero il latino apre la mente?
Dall’esame di vari studi, compresi gli effetti del latino sulla personalità e sugli esiti occupazionali degli studenti nel liceo classico, si comprende che un reale impatto sembra esserci.
Secondo quanto riporta il sito Pagellapolitica.it., specializzato nella elaborazione di fact-checking, alcuni esperti ricercatori, basandosi sui dati dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP), ha cercato di capire se la preparazione classica accresca o meno negli studenti caratteristiche come la responsabilità e l’apertura mentale. Ebbene sembra proprio che relativamente alla frequenza del liceo classico non si può affermare che questo corso di studi “eserciti un’influenza marcata su tratti come, per l’appunto, la responsabilità e l’apertura mentale. Al contrario, lo studio evidenzia che i diplomati del liceo classico mostrano un incremento del 4 per cento nel livello di nevroticismo rispetto ai loro coetanei del liceo scientifico, suggerendo una maggiore predisposizione all’ansia e all’instabilità emotiva. Inoltre, questi studenti hanno il 20 per cento circa di probabilità in più di dichiararsi infelici”.
Per quanto riguarda invece l’impatto dello studio del latino per migliorare la lingua e la comprensione dei testi, sulla base di un altro studio pubblicato su “The Language Learning Journal”, si è visto che “il latino ha un impatto significativo e positivo sullo sviluppo del vocabolario e della comprensione della lingua madre (in questo caso l’inglese), confermando quindi l’idea di Valditara secondo cui lo studio del latino aiuti a capire il significato delle parole”.
E sembra pure che “l’impatto dello studio del latino nella capacità di apprendimento di lingue straniere moderne è invece meno definito. E anche per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo generale le evidenze sono limitate”.
Un altro studio, invece, metterebbe in discussione l’idea secondo cui il latino offra vantaggi significativi per l’apprendimento delle lingue straniere, tranne per le lingue romanze.
Volendo dunque sintetizzare, “l’introduzione del latino alle scuole medie potrebbe avere un valore simbolico e culturale significativo, ma i dati non supportano pienamente l’idea che questa materia promuova in modo significativo lo sviluppo cognitivo o il miglioramento generale delle competenze linguistiche e personali.
“In particolare, gli studi analizzati mostrano che il latino può contribuire positivamente allo sviluppo del vocabolario nella lingua madre, specialmente in contesti scolastici primari, ma gli effetti su altre dimensioni, come l’apprendimento delle lingue straniere o il potenziamento delle capacità analitiche, rimangono poco chiari”.
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