Home I lettori ci scrivono Lottare per garantire il carattere pluralistico al sistema scolastico italiano

Lottare per garantire il carattere pluralistico al sistema scolastico italiano

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Siamo quelli che cercano di vivere la fede là dove il Signore ci chiama, quelli che con le nostre scelte e le nostre azioni cerchiamo di rendere concreti i valori, quelli dell’ora et labora.

Siamo quelli che sanno bene che i rapporti sociali che ci legano ai nostri simili senza la scintilla della carità restano inerti. Siamo quelli che vivono sulla loro pelle il fatto che la carità è inseparabile dalla vita di fede.

I lavori si sono conclusi da poche ore e non ci sono più dubbi: il nostro oggi ci interpella sulla concretezza, quella dimensione che ci chiede di capire profondamente se stessi, di interpretare e gestire la propria libertà, di assumersi coraggiosamente le proprie responsabilità nella società attuale perché è alto il rischio di non essere né caldi né freddi e di essere per questo vomitati.

Tre sono gli elementi di concretezza che ci vengono chiesti oggi.

Dobbiamo lottare per garantire il carattere pluralistico al sistema scolastico italiano, così come viene delineato dalla Costituzione. È l’imprescindibile insegnamento che ci viene dalla recente “Lettera ai politici” di Anna Monia Alfieri e Dario Antiseri.

Perché i genitori dopo aver pagato le tasse non possono esercitare il proprio diritto alla libertà di scelta educativa? Perché ci sono docenti discriminati che a parità di titolo hanno retribuzioni differenti? Perché non ci si vuole convincere che il sistema scolastico italiano delineato dalla nostra Costituzione è pluralistico solo se si realizzano contemporaneamente tre libertà: di insegnare, di istituire scuole, di scegliere i luoghi dell’istruzione?

E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che queste libertà in Italia non sono garantite e che tutta la scuola ci sta perdendo. Chi vive la scuola lo sa bene che, a questo punto, ci sono solo due opzioni: o un sistema scolastico pluralista o un sistema scolastico dispotico. Il monopolio statale dell’istruzione è negazione di libertà: solo l’esistenza della scuola libera garantisce alle famiglie delle reali alternative sia sul piano dell’indirizzo culturale, sia sul piano dei valori, sia sul piano della qualità e del contenuto dell’insegnamento.

Dobbiamo prendere posizione, dobbiamo coinvolgere i genitori delle nostre scuole, primi responsabili dell’educazione dei propri figli. Dobbiamo lottare perché in Italia si realizzino la libertà e la possibilità effettive di istituire e garantire una pluralità di istituzioni scolastiche. Solo così possono essere concrete di fatto la libertà di apprendimento e la libertà di insegnamento.

Dobbiamo essere esigenti con la Chiesa. Sui dogmi di fede non si discute, su tutto il resto, sì!

La Chiesa cattolica si è presa un impegno mica da ridere in questo decennio 2010-2020 che ha profeticamente voluto dedicare al tema dell’educazione. Si è espressa a proposito della scuola cattolica. Ora, è necessario il coraggio delle scelte che rendano possibile la concretizzazione di quanto ha scritto nei documenti.

Ecco cosa ha affermato. La scuola cattolica è una risorsa della chiesa locale. La scuola cattolica va inserita fattivamente nella pastorale diocesana. La scuola cattolica, luogo in cui si cerca di fare una sintesi coerente tra fede cultura e vita, deve essere fattiva testimonianza dell’impegno di tutta la comunità cristiana nella realizzazione del quotidiano compito educativo. La scuola cattolica come spazio di libertà, libertà che è fondamentale in ambito educativo. Non si può educare se non nella libertà e al fine di promuovere la libertà, cioè l’essere umano, cioè la crescita personale di ognuno.

La Chiesa vuole tornare a riempire le chiese? Si prenda cura della scuola cattolica! E non si nasconda dietro il politically correct del pluralismo, che è relativismo.  “L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla” (papa Francesco, Incontro con le scuole cattoliche, 10/05/2014). Questo concetto deve appartenere alla pastorale diocesana e quindi ai cristiani.

Dobbiamo riappropriarci del nostro compito primario: trasmettere un sapere e offrire l’opportunità di crescere come uomini, donne, cittadini, capaci di stare bene con se stessi e con gli altri. Siamo bravi come scuole cattoliche a fare questo! I risultati lo dimostrano. Il riconoscimento da parte di chi ci può scegliere ne è la prova.

Il valore aggiunto che dobbiamo dare a chi sceglie le nostre scuole deve essere proprio questo: la persona, a qualunque età, vivendo un pezzo della sua strada con noi, deve maturare pian piano in termini di scoperta di sé, dei propri doni, che rendono ciascuno di noi unico e irripetibile, e deve realizzare se stessa, fondando la sua vita sulla roccia e non sulla sabbia, così che non crolli al primo soffio di vento.

Bovesin de la Riva (scrittore e poeta, 1240-1315, contemporaneo di Dante) a Milano si conquistò una buona fama come insegnante. In uno dei suoi scritti, osservando Milano, vedeva in essa tanti spunti di felicità. E poi si chiedeva come mai se ci sono così tanti spunti di felicità, ci sono così tante nefandezze. E si dava una risposta disarmante: chi fa il male si organizza, chi fa il bene no!

Dobbiamo organizzarci! Dobbiamo vedere le difficoltà che stiamo vivendo come un’opportunità!

Nelle nostre scuole, i nostri bambini e studenti devono studiare anche ciò che c’è dentro la persona. Dobbiamo dare posto all’essere. Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi a costruirsi il loro progetto di vita, unico e irripetibile, che in un’ottica cristiana è il progetto che Dio ha su ciascuno di noi!

Ad esempio, nelle nostre scuole perché non lavorare sul tema della felicità? Sulla Scienza del sé? Chi meglio di noi potrebbe cogliere la sfida su tematiche come queste, che rivelano la sete di Dio, oggi?

Il convegno Fidae ha visto tutti i delegati partecipare a una santa Messa, presieduta dal segretario della CEI, mons. Stefano Russo, nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, in ricordo del giorno del 1378 in cui Santa Caterina arrivò a Roma, chiamata da Urbano VI in un momento in cui la Chiesa stava vivendo una spaccatura al suo interno. In quel drammatico momento il Papa, volendo circondarsi di veri servi di Dio, chiamò colei che ancora oggi ci dice “Non accontentatevi delle piccole cose. Dio le vuole grandi. Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia”.

Maria Teresa Golfari