Alcuni insegnanti, sostenuti dell’Associazione nazionale docenti (And), hanno denunciato di essere costretti a identificare adulti stranieri e studenti italiani ,che si iscrivono ai cosiddetti corsi serali, prima di entrare nelle classi dei Centri di istruzione per gli adulti (Cpia).
La notizia, lanciata dal FattoQuotidiano, rivela pure che diversi istituti avrebbero costretto gli alunni a dichiarare pubblicamente il loro status giuridico e gli insegnanti a svolgere mansioni amministrative del tutto estranee al loro ruolo.
Sembra infatti che questi prof, “nel mese di settembre, quando ancora i corsi non sono attivi, sono costretti al controllo dei documenti degli studenti per 18 ore”, cioè il loro orario normale di cattedra, anche se questo non è “lavoro di cattedra”.
Aggiunge un prof: “Tra le nostre mansioni c’è l’identificazione delle competenze, ma dovrebbe trattarsi di test di lingua, misurazione dei livelli di conoscenza del Paese, capacità di interazione, tutto dovrebbe avere come fine l’integrazione con un taglio educativo, non la valutazione dei documenti”.
Sembra, secondo quanto si legge sul Fatto, che tale compito venga assegnato ai prof per alleviare lavoro alle segreterie, fino al punto di chiedere agli insegnanti “di acquisire e archiviare le copie dei documenti degli studenti adulti stranieri, di registrarne i dati personali e controllare che la documentazione sui permessi di soggiorno fosse in ordine, verificando che i documenti fossero validi e la permanenza sul suolo italiano regolare”.
E in effetti la questione sembra del tutto fuori dalla normativa che regola la funzione docente che, certamente deve “dedicarsi all’accoglienza e alla somministrazione di test di livello linguistico per gli stranieri per inserire gli utenti nella classe adeguata”, ma che debbano controllare i documenti degli iscritti, e in modo particolare degli extracomunitari, non è normato da nessuna parte.
Secondo quanto riporta il Fatto, addirittura “alcune scuole pretendono che i docenti chiedano i documenti agli studenti adulti, li esaminino, segnalino eventuali irregolarità alle autorità competenti, li fotocopino e ne inviino le riproduzioni in segreteria, soprattutto per verificare che il permesso di soggiorno sia valido e non scaduto”.
Da docenti a poliziotti ma anche a magistrati, visto che alcuni prof hanno dovuto chiedere in aula, e dunque senza alcun diritto alla privacy cui i cittadini hanno diritto: “Che tipo di permesso di soggiorno possiede?” o “per quale motivo si trova in Italia?”, ma anche “perché non ha versato il contributo volontario richiesto dall’istituto?” o “da quanto tempo risiede nel nostro Paese?”.
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