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Part time nella scuola: obbligatorie tutte le riunioni secondo la Cassazione

La sentenza della Cassazione del 14 marzo 2019, n. 7320 segna, di fatto, un ritorno indietro di 20 anni per quanto riguarda il part time nella scuola e la vexata quaestio delle attività funzionali.

I primi ricorsi al giudice del lavoro, sulla proporzionalità o meno di tutte attività collegiali, sono partiti all’inizio degli anni Duemila. Uno di questi è arrivato fino in Cassazione, ed è stato respinto.

Bisogna dire che una sentenza della Cassazione non ha valore di legge e bisogna considerare il caso specifico, che riguarda una docente che ha presentato ricorso prima al giudice del lavoro e poi alla Corte d’Appello di Perugia per ottenere l’accertamento del diritto a prestare le attività funzionali all’insegnamento nelle sole giornate di attività lavorativa previste dal contratto individuale di lavoro. La ricorrente aveva domandato anche l’accertamento della natura vessatoria, ritorsiva e mobbizzante della condotta tenuta dal dirigente scolastico.

La sentenza va tenuta comunque in considerazione in caso di nuovi contenziosi, pertanto è utile capire le motivazioni.

La peculiarità propria della funzione docente

La Cassazione fa un’ampia disamina basata soprattutto sull’OM del 22 luglio 1997 n. 446, e sull’adempimento degli obblighi relativi alla partecipazione al collegio docenti, in quanto “l’apporto che il docente a tempo parziale è chiamato a dare in seno al collegio dei docenti, per la natura dei compiti a quest’ultimo assegnati, è del tutto sovrapponibile a quello richiesto al docente a tempo pieno, e non può subire una riduzione proporzionata al minor orario di lavoro assegnato”. Tanto meno si può pretendere “di svolgere le attività collegiali nei soli giorni indicati nel contratto per l’attività di insegnamento” (il ricorso era partito da questo motivo).

Part time e principi di non discriminazione e di proporzionalità

La sentenza svolge la sua esegesi facendo riferimento in particolare alle disposizioni dell’OM del 1997 e sembra non dare gran peso ai principi di non discriminazione e di proporzionalità, affermati nel D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61.

Questa norma, successiva in ordine di tempo e più importante nella gerarchia delle fonti, richiamata nel CCNL del 2009, costituisce oggi il riferimento fondamentale per il rapporto di lavoro a tempo parziale, tanto nel privato quanto nella pubblica amministrazione.

Il principio di non discriminazione vuol dire che “il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile”. Mentre il principio di proporzionalità stabilisce che il trattamento del lavoratore a tempo parziale è “riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa”.

Va detto che il CCNL non ha mai recepito con chiarezza questi principi. Aspetto evidenziato lucidamente nella sentenza, nel punto in cui si nota come “la disciplina pattizia sia rimasta immutata pur dopo l’emanazione dell’ordinanza ministeriale del 1997, inequivoca nell’imporre al docente a tempo parziale l’adempimento degli obblighi di cui al più volte richiamato art. 42, comma 3, lettere a (collegio dei docenti) e c (svolgimento di scrutini ed esami)”.

Cosa succederà adesso per chi usufruisce del part time?

In ogni scuola c’è una piccola percentuale di docenti a part time o per motivi familiari o per motivi di lavoro (il part time permette la libera professione). Dopo la Nota dell’USR Veneto del 13 dicembre 2010, che riconosceva il principio della proporzionalità, i dirigenti scolastici hanno adottato la prassi dei piani personalizzati per le attività funzionali relative ai docenti a tempo parziale.

Anche se una sentenza della Cassazione non ha valore di legge, qualche dirigente potrebbe richiamarla per tornare a rendere obbligatorio per intero il monte ore delle attività collegiali in base all’OM del 1997, aprendo nuova conflittualità.

Prima o poi bisognerà finalmente uscire dalle ambiguità tuttora presenti, o con un intervento del Miur, o per via pattizia. Si deve stabilire definitivamente se le ore collegiali sono tutte obbligatorie in ragione della “specificità” della funzione docente, e allora devono essere retribuite per intero e non proporzionalmente. Oppure si continua a riconoscere come preminente il principio della proporzionalità in tutte le attività funzionali facendo riferimento al D.Lgs del 2000.

Anna Maria Bellesia

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