I lettori ci scrivono

Vale più l’esperienza o un corso abilitante?

Sono un docente di ruolo e, quindi, non direttamente toccato dalle ultime dinamiche che stanno interessando il mondo della scuola. Tuttavia, come osservatore attento e come collega, non posso non notare una situazione che suscita molte perplessità.

Ultimamente, assistiamo a un fenomeno paradossale: docenti con anche 10 o 15 anni di servizio vengono “scavalcati” da colleghi molto più giovani, privi di esperienza, ma che hanno frequentato corsi abilitanti a pagamento.

È davvero accettabile che l’esperienza maturata sul campo venga messa da parte, a favore di chi semplicemente ha avuto tempo e possibilità economiche per iscriversi a un percorso formativo?
Molti insegnanti con anni di lavoro alle spalle non possono permettersi di seguire tali corsi, vuoi per ragioni familiari, vuoi perché il costo è proibitivo: parliamo di cifre che si aggirano intorno ai 2000–3000 euro ogni corso, a cui vanno aggiunte le spese di viaggio e di permanenza per raggiungere le sedi di frequenza. Spesso si tratta di professionisti con una famiglia da mantenere, che si vedono superati e rischiano addirittura di rimanere a casa senza lavoro, nonostante abbiano dedicato anni all’insegnamento.

Prima di insegnare, ho lavorato per anni in azienda: lì i nuovi arrivati non sostituivano gli esperti, ma venivano affiancati da loro, imparando sul campo. La scuola, invece, sembra aver imboccato una strada diversa, che rischia di svilire il valore dell’esperienza a favore di una corsa sfrenata all’accumulo di punti e titoli.

Credo sia necessario aprire una riflessione seria: la scuola italiana non può permettersi di perdere il patrimonio di professionalità accumulato da chi ha speso anni nelle aule. Non basta un attestato per fare un buon insegnante: servono capacità relazionali, equilibrio, visione e soprattutto esperienza.

Domenico Pacella

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