Quando si dice una “Caporetto” ormai si vuole significare una sconfitta dolorosa, cocente, pesantissima: fu quella appunto che le truppe italiane impegnate sul fronte della Prima guerra mondiale subirono il 24 ottobre del 1917 a Caporetto, la città di Kobarid, in Slovenia.
Caporetto, oltre a essere stata una pesantissima sconfitta, causò migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, oltre a una quantità incredibile di prigionieri e sfollati. “Il disastro fu l’effetto della mancanza di un piano strategico dei vertici militari, le cui conseguenze furono gravose: la ritirata, la pesante occupazione del Friuli e del Veneto e la violenza sulle donne, l’esodo della popolazione locale, il grave problema dei prigionieri italiani lasciati a morire nei lager dell’impero, il rientro in patria dei superstiti e l’ostruzionismo nei loro confronti, il doloroso recupero delle salme”.
Il generale Cadorna telegrafò al ministro della Guerra affibbiando la responsabilità della sconfitta a «dieci reggimenti arresisi senza combattere» e dunque ai «soldati che hanno mollato».
Una ignobile menzogna quella di Cadorna, mentre si preparavano le decimazioni delle truppe considerate, essendo in gran parte contadini analfabeti, carne da macello.
Nella sola battaglia di Caporetto si contarono 11.600 italiani morti, 30 mila feriti, 350 mila sbandati, 300 mila prigionieri e 400 mila profughi.
Durante l’intera Grande Guerra davanti ai tribunali militari comparvero 323.527 imputati di cui 262.481 in divisa (162.563 accusati di diserzione), 61.927 civili e 1.119 prigionieri di guerra. Il 60 per cento dei processi si chiusero con la condanna degli imputati: 4.028 dibattimenti si conclusero con la pena capitale (2.967 con gli imputati contumaci).
Quasi un decimo dei mobilitati subì indagini disciplinari.
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