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30 anni di Erasmus: l’esperienza all’estero è un plus per trovare lavoro

Le esperienze internazionali valorizzano la formazione dei giovani e ne favoriscono l’inserimento nel mercato del lavoro.

L’Erasmus, il programma di mobilità internazionale dell’Unione Europea, compie 30 anni e a conferma del suo valore arrivano i dati AlmaLaurea che mostrano come tali esperienze permettano ai laureati che le svolgono di aumentare del 12% le chance di trovare lavoro già ad un anno dal titolo. Nel 2016, 15 laureati magistrali su 100 hanno fatto un’esperienza di studio all’estero con un Erasmus o con un altro programma dell’Unione europea. Tra i magistrali, la diffusione delle esperienze di studio all’estero si avvicina all’obiettivo fissato per il 2020 in sede europea del 20%. Il Paese di destinazione più gettonato è la Spagna, scelta dal 30% degli interessati dalla mobilità internazionale, seguita da Francia, Germania e Regno Unito. 

MEGLIO AL BIENNIO CHE AL TRIENNIO – Il XIX Rapporto sul Profilo dei Laureati AlmaLaurea ne traccia l’identikit. Dall’Indagine emerge che tra i laureati che compiono l’intero percorso “3+2” la scelta di intraprendere un percorso Erasmus si colloca più spesso nel biennio magistrale che nel primo livello.Fra i laureati di primo livello le esperienze di studio all’estero con un Erasmus o con un programma dell’Unione europea hanno coinvolto il 6% degli studenti. Nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico la mobilità ha riguardato il 13% dei laureati. Fra i magistrali biennali 2016 si registra l’11% e altri 4 su 100 non hanno partecipato a programmi Erasmus nel biennio ma li avevano svolti nel primo livello.

La scelta di intraprendere o meno un’esperienza Erasmus dipende in particolare dalla disciplina di studio: sono frequenti solo fra gli studenti dell’area linguistica (“solo” 22 laureati su 100), mentre in tutti gli altri gruppi disciplinari, a parte medicina e odontoiatria (16%), architettura (13%), giuridico e politico-sociale (entrambi 10%), la mobilità riguarda meno del 10% dei laureati. A svolgerne meno, sono i laureati delle professioni sanitarie ed insegnamento (entrambi 2%) ed educazione fisica (3%).

ATENEI DEL NORD – Le università dell’Italia Nord-orientale, fra le 71 coinvolte nell’Indagine, hanno in generale percentuali di laureati con un’esperienza di studio all’estero con un Erasmus o con un altro programma dell’Unione europea più elevate (11%); all’opposto, nell’Italia meridionale e insulare tali percentuali sono pari rispettivamente a 6 e 7%.

CONDIZIONE SOCIO ECONOMICA – Ancora oggi la condizione socio-economica della famiglia di origine è un fattore selettivo nell’accesso allo studio all’estero.  I laureati che hanno svolto tale esperienza risultano il 14% fra i figli di genitori entrambi in possesso di laurea e sono il 5% fra i figli di genitori che non hanno conseguito la maturità.

Anche la classe sociale ha un ruolo importante: per le famiglie di estrazione sociale meno elevata, infatti, l’ipotesi di un soggiorno all’estero viene spesso vista come un impegno oneroso che le borse Erasmus o altre fonti di finanziamento non sono sufficienti a compensare. I laureati che hanno svolto un’esperienza di studio all’estero con un programma Erasmus o con un altro programma dell’Unione europea, infatti, sono l’11% tra quelli di estrazione più elevata e il 6% tra quelli provenienti da contesti meno avvantaggiati.

PIU’ LICEI CHE ISTITUTI TECNICI – Le esperienze di studio all’estero con un Erasmus o con un altro programma dell’Unione europea sono molto più diffuse tra chi ha conseguito un diploma liceale (10%) rispetto a chi si è diplomato in un indirizzo tecnico (6%) o professionale (4%).

 

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Andrea Carlino

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