Luigi Luca Cavalli-Sforza, celebre per avere gettato le basi della genetica delle popolazioni e per avere dimostrato l’infondatezza scientifica del concetto di razza umana, è morto a 96 anni. Ha insegnato all’università di Pavia e all’università di Stanford in Usa.
In uno studio pubblicato 40 anni fa insieme a Paolo Menozzi e Alberto Piazza, Cavalli Sforza ha dimostrato che è stata una grande migrazione dal Medio Oriente a diffondere in Europa le tecniche di coltivazione delle piante e di allevamento degli animali.
Dopo aver studiato a Torino alla scuola di Giuseppe Levi, come Rita levi Montalcini, Salvador Luria e Renato Dulbecco, Cavalli Sforza aveva cominciato la sua carriera scientifica all’università di Pavia con il pioniere della genetica italiana, Adriano Buzzati Traverso.
I suoi colleghi ricordano, si legge sul Sole 24 Ore, Luigi Luca Cavalli Sforza come un uomo di grandi vedute, animato da un’enorme curiosità che lo aveva portato a studiare tanto la biologia quanto la statistica, discipline molto diverse che riuscì a conciliare nel suo impegno nelle ricerche sulla genetica delle popolazioni, dai primi studi condotti in Italia, sull’Appennino parmense, fino alle ricerche in Africa.
Consapevole che la ricerca italiana era ancora ferma ai livelli di 30 anni fa, con «poco denaro e mal distribuito», aveva comunque scelto di continuare a lavorare in Italia e le sue ultime ricerche lo avevano portato ad affermare che il concetto di razza è soltanto culturale e che non è dimostrato da nessuna base genetica.
Oltre al confine tra le razze, Cavalli Sforza si è preoccupato di abbattere anche quello tra cultura scientifica e umanistica, facendo dialogare discipline diverse, come genetica, matematica, archeologia e linguistica, per costruire il primo atlante genetico del mondo.
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