C’era una volta il Ginnasio. L’istituto che ha caratterizzato per quasi 8 decenni i primi due anni del liceo Classico non ci sarà più. Almeno come denominazione. Ma anche nel programma, perché la riforma Gelmini, entrata in vigore nell’anno scolastico 2010/11, dal 1° settembre si completerà andando a rivedere anche le classi dell’ultimo anno della scuola superiore.
Certo, rileva l’Ansa, “molti licei hanno deciso di adeguare la tradizione alla norma (che parla di primo biennio, secondo biennio e quinto anno per tutti i licei). E allora accade che in tanti istituti come, ad esempio, nello storico “Liceo ginnasio statale Virgilio” di Roma, ai genitori che quest’anno hanno compilato il modulo di iscrizione dei figli 14enni al Classico è stato chiesto di indicare alla voce classe “primo liceo”. Una novità formale (il piano di studi resta lo stesso) che finora è stata accolta negli istituti italiani a macchia di leopardo, non ha ancora intaccato alcuni documenti (in alcune pagine delle Indicazioni nazionali, cioè i programmi di studio, si continua a parlare di Ginnasio) e che trova qualche resistenza in tutti coloro per i quali frequentare il Classico é motivo di prestigio (e la distinzione ginnasio-liceo un vezzo sostanziale)”.
E’ con il Rinascimento, in Germania, che la parola Ginnasio comincia a essere usata per designare la scuola di indirizzo umanistico; con la Rivoluzione francese, la denominazione viene limitata al corso di studi che precede il liceo classico, e con questo significato si è poi conservata. In Italia, la riforma scolastica del 1923 inquadrò il ginnasio nell’istruzione media classica, articolata su due gradi: il primo, costituito appunto dal corso ginnasiale di cinque anni; il secondo, dal corso del liceo classico di tre anni. In seguito all’istituzione della scuola media (legge Bottai del 1° luglio 1940), il ginnasio perse il proprio triennio inferiore e rimase costituito, nel suo complesso, dalle due classi del ginnasio superiore.
Ora, premesso che è facoltà dei singoli organi collegiali, in particolare dei docenti, decidere il percorso scolastico da intraprendere in ogni liceo, in futuro il rischio cui si va incontro è quello di una grande confusione: con alunni di primo anno che in un istituto sono iscritti al primo anno e in un’altro, invece, continuano ad appartenere (come tradizione vuole) al “terzo”.
“E’ un po’ il leit motiv dell’Italia quello di fare le riforme – è il commento del vice presidente Anp, Mario Rusconi – e poi non seguirne l’attuazione. Temo che questo accadrà anche con il Clil, l’insegnamento al quinto anno delle Superiori di una materia in un’altra lingua. Ottima iniziativa, ma abbiamo insegnanti di matematica, geografia o storia in grado di insegnare le loro materie in inglese, in un inglese non maccheronico?”. E ancora una voltase la risposta è negativa, purtroppo, a rimetterci saranno gli studenti.
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