Gli alunni stranieri che vanno a scuola? Sono tali solo sulla carta, perché due su tre, oltre mezzo milione su meno di 900mila, sono nati in Italia. E a 18 anni diventeranno cittadini italiani a tutti gli effetti. A ricordarlo è stata l’on. Irene Manzi, responsabile Scuola del Partito democratico.
Rispondendo alle domande dei cronisti Prato, a margine dell’iniziativa “La parola fa cittadinanza“, dedicata all’integrazione scolastica degli alunni stranieri, la deputata dem ha tenuto a dire che la proposta di cui parla il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, di classi composte con la maggioranza di iscritti italiani e classi di ‘potenziamento’ dedicate a chi non parla l’italiano, poggia su un falso problema: “Il tetto non tiene conto della realtà di tante province d’Italia”, come le periferie di Roma e Milano, la zona di Prato e di tante località del Nord, dove la stragrande parte dei bambini del territorio è di origini non italiane. “E non pensiamo che sia lo strumento per favorire la vera inclusione che vorremmo fosse condivisa dal ministro dell’Istruzione”, puntualizza Manzi.
Sull’ipotesi di istituzione di un tetto per stranieri nelle classi, indicata nella quota del 20% dal leader della Lega Matteo Salvini e rilanciata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, Manzi si è detta in forte disaccordo: “Se stiamo alle polemiche del ministro, lui parla di alunni stranieri, ma sappiamo che il 67% di loro sono in realtà nati in Italia e parlano l’italiano”.
Secondo la deputata del Partito democratico, gli allievi stranieri “semmai hanno bisogno di azioni specifiche contro la dispersione scolastica perché hanno meno opportunità forse nelle loro famiglie” di appartenenza.
Un dato, quest’ultimo, che trova conferma nell’alto numero di casi di alunni che lasciano la scuola prematuramente, in larga percentuale appartenenti a famiglie non abbienti, con basso grado di cultura. E molto spesso anche di origini non italiane. Appunto.
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