Categorie: Personale

Anche l’alcoltest per i professori: ma è regolare

E così i 108 docenti in forza all’Istituto, compreso il personale Ata, riporta il quotidiano Il Tempo, da qualche periodo fanno il test per rilevare se qualcuno di loro, oltre ad alzarsi presto per andare a scuola, alza il gomito per farsi qualche goccio, magari correggendo il caffè del mattino. 
«Sono alla guida di questo istituto dal 2004 e dal 2006 – racconta la dirigente scolastica – Ho avviato questo iter in nome della sicurezza a 360 gradi. Il protocollo c’è, io mi limito semplicemente ad applicarlo. Per quanto riguarda l’alcoltest – continua – la decisione è stata presa a settembre dello scorso anno con una regolare delibera di consiglio. A febbraio abbiamo incontrato i lavoratori e abbiamo deciso di evitare i controlli relativi alle droghe, semplicemente perché non è specificato nel protocollo a cui ci rifacciamo. A marzo, dopo aver dato tutti i moduli e le informazioni necessarie nel corso di un collegio dei docenti, sono partiti i primi test».
«Che sia chiaro – precisa ancora – non vuol dire che qui ci sono insegnanti che fanno abuso di alcol, sicuramente la realtà non è questa e tantomeno è questo il messaggio che vogliamo far passare. Si tratta solamente di un controllo a scopo preventivo. La scuola è la prima istituzione con cui vengono a contatto i ragazzi e devono capire da subito che la sicurezza è importante. Così facciamo davvero cultura della formazione. Il nostro scopo è solo questo».
Un migliaio sono gli studenti che frequentano l’Istituto “Fermi” di Tivoli che pare sia protetto pure da ben tre diversi gradi di sicurezza per accedervi, a cui, a quanto si legge sul quotidiano romano, si è aggiunto anche un altro quarto grado ma di tipo “intimidatorio”, come ha denunciato qualche docente della scuola.
«Il protocollo va a vantaggio dei lavoratori e non contro. Questo mi sembra evidente. Inoltre sono stati fatti degli incontri con i rappresentanti del personale in forza alla scuola. Non credo ci sia un problema a tale proposito», precisa il dirigente, mentre per preservare la privacy dei professori si sarebbe pensato di consentire di effettuare gli accertamenti anche fuori dall’istituto.
Non è detto tuttavia nell’articolo del Tempo, chi paga le spese per tali test, né se sia stato sentito il collegio dei docenti, visto che ci sarebbe solo una delibera del consiglio di istituto, né se, oltre a quanto sostiene la preside, ci sia stato qualche precedente di rilievo che possa giustificare una scelta tanto singolare. Ma se la legge, come dice la dirigente, c’è perchè non applicarla?   

Pasquale Almirante

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