I lettori ci scrivono

AND, no a stipendi geograficamente differenziati

“La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni” – K. Marx.

A volte non basta l’intenzione, per quanto animata dai più nobili sentimenti, per ottenere il risultato auspicato. Spesso altri fattori possono condizionarne il percorso, tanto da far sortire un esito opposto a quello desiderato.

La proposta di una differenziazione geografica degli stipendi dei docenti italiani può apparire una risposta coerente con le differenze territoriali del costo della vita, che altro non sono che l’espressione sintomatica dei divari economici e sociali non risolti da ben 160 anni dall’Unità d’Italia.

Al contrario, di fatto, una differenziazione territoriale degli stipendi nella pubblica amministrazione non solo attesterebbe il fallimento delle politiche regionali, tra l’altro la gran mole di risorse destinate al Sud hanno ingrassato l’economia del Nord, cui ancora contribuisce la migrazione intellettuale dalle regioni meridionali, ma, implicitamente, certificherebbe la resa dello Stato a perseguire l’obiettivo di superare quei nefasti divari economici e sociali che ancora impediscono quella vera unità che ha animato il nostro Risorgimento. Tra l’altro, un eventuale provvedimento normativo di differenziazione geografica delle retribuzioni non reggerebbe al vaglio del giudice costituzionale, poiché la retribuzione altro non è che il corrispettivo della prestazione fornita dal lavoratore che ha diritto ad un compenso proporzionato alla quantità e qualità del suo lavoro (art. 36 Cost.), e non si vede come l’insegnamento prestato da un docente in una regione del Nord possa essere diverso da quello prestato in una regione del Sud.

Di certo, se gli stipendi dei docenti italiani fossero in linea con quelli europei, probabilmente non risentirebbero delle differenze territoriali del costo della vita; così, se effettivamente, e non abbiamo ragione di dubitarne, si volessero alleviare i costi della vita per i docenti che lavorano in regioni settentrionali, altre debbano essere le strategie.

Nella nota inviata nei giorni scorsi al ministro Valditara abbiamo rappresentato quali potrebbero essere le misure necessarie per contrastare i costi di trasporto che sostengono i docenti trasferiti d’ufficio o che insegnano su più sedi poste in comuni diversi.

Riguardo, invece, alla proposta di stipendi differenziati geograficamente esprimiamo la nostra netta contrarietà e riteniamo che sia sufficiente considerare, nello stesso ambito del pubblico impiego, le misure adottate da altre amministrazioni. A titolo semplificativo, a stipendio invariato, infatti tante altre potrebbero essere le misure adottabili a favore dei docenti per contrastare il caro vita, da ancorare al discostamento dagli indici Istat nazionali, quali la spesa familiare media o quella alimentare, che potrebbero riguardare i fitti e i trasporti (con contributi economici e detrazioni fiscali) e la spesa alimentare (con buoni pasto).

Misure che certo aiuterebbero sostanzialmente i docenti che devono fronteggiare costi della vita più alti, senza tuttavia contrastare con i valori e con i diritti che per la loro natura non possono essere a geografia variabile.

Associazione Nazionale Docenti

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