Un bambino della scuola primaria, con disturbi di apprendimento in un istituto comprensivo del Veneziano, è dunque rimasto vittima, prima dell’epocale riforma Gelmini, che tolse il modulo di tre insegnanti, e dopo della spending review del governo Monti e quindi di Profumo.
Il bambino, travolto e traumatizzato dalla separazione dei genitori, contrassegnata da violente e continue liti, viene iscritto alla scuola primaria dove però avverte il passaggio come un ulteriore trauma, tanto che non riesce a legare con i compagni di classe e con la nuova insegnante.
Lei d’altra parte non ha modo di dedicarsi esclusivamente alle esigenze del piccolo, visto che è sola e deve badare anche agli altri bambini, ma ciò nonostante fa tutto il possibile per lui, che è comunque sempre poco, viste le difficoltà.
Viene allora richiesto un insegnante di sostegno, ma per ottenerlo serve l’avallo della neuropsichiatria dell’Usl di riferimento, e nonostante il disinteresse dei genitori, la pratica giunge a destinazione a novembre, a un mese dall’inizio dell’anno scolastico. Per prenderla in considerazione e stabilire che effettivamente il piccolo ha bisogno di un sostegno si è aspettato fino a maggio, quando ormai il destino scolastico del bambino era già segnato: “non ammesso alla classe successiva”.
Una ulteriore vittima dunque dei tagli e delle lungaggini burocratiche, e per la quale non sono valse né la legge né la buona volontà della scuola. Sull’altare dei risparmi e dei tagli, per consentire però ben altre spese e altri sprechi, un bambino viene bocciato con un’ingiustizia che grida vendetta.
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