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BookTok, impazza l’hashtag che invoglia i giovanissimi a leggere: perché la scuola non ci riesce?

Molti giovani stanno riscoprendo, o scoprendo per la prima volta nella loro vita, il piacere della lettura. Tra i banchi di scuola? Purtroppo no. In questo periodo impazza la sottocommunity di TikTok denominata BookTok, nata a partire da un hashtag che oggi conta miliardi di visualizzazioni, che consente agli utenti di consigliarsi testi da leggere a vicenda e discuterne, producendo spesso contenuti.

Non sono molte le critiche a questa “moda”: c’è chi fa notare che spesso la qualità di questi libri è alquanto bassa e ciò non fa altro che favorire un certo decadimento culturale. Ben vengano, dicono invece altri, nuove forme, provenienti dal basso, di fruizione di libri, spesso cartacei: l’importante è stimolare la propria voglia di leggere, non importa più di tanto cosa.

La scuola assopisce la voglia di leggere?

Secondo alcuni è un ottimo modo per alimentare una certa voglia di leggere, che invece a scuola viene invece assopita, sepolta dai compiti, dalla voglia di primeggiare, dall’ansia per il voto. “Spesso la lettura a scuola la forzano, la rendono un compito e non una possibilità”, afferma un’utente di X.

“Se uno vuole leggere, leggerà, se non vuole non sarà la scuola a convincerlo imponendo Il giovane Holden. Insomma, benvenuto BookTok, ma proprio perché non a scuola”, afferma un altro.

Compiti delle vacanze: meglio far leggere libri?

Questo discorso si collega molto a quello relativo ai compiti delle vacanze, natalizie o estive: molto spesso ciò che viene imposto dai docenti viene visto come un ostacolo alla propria vacanza, e viene quindi svolto controvoglia. Al contrario, secondo alcuni docenti, sarebbe meglio suggerire semplicemente di leggere libri, anche a piacere.

In questi giorni è esploso il dibattito in merito ai compiti delle vacanze di Natale: giusto assegnarli agli studenti? Sbagliato? E cosa assegnare se lo si vuole fare? Gli insegnanti sono divisi rispetto a questo tema. A dire la sua, nero su bianco, in una circolare, è stata una dirigente scolastica di un istituto comprensivo di Torino.

Quest’ultima ha esortato i suoi docenti non dare compiti ai propri alunni, nel nome del vero significato della parola “vacanza”. Ecco cosa ha detto a Il Corriere della Sera: “I bambini e i ragazzi trascorrono già molto tempo a scuola durante l’anno, con famiglie sempre più impegnate nel lavoro e sempre meno insieme. Isolate, spesso lontane da quella di origine, non hanno occasioni di contatto con i parenti come una volta: le vacanze sono preziose per ascoltare e osservare quel che si fa in casa, per il dialogo tra generazioni. Chi ha le famiglie lontane va a visitare i parenti ed è giusto che sia così, visto che parliamo tanto di favorire la crescita emotiva e lo sviluppo delle relazioni, senza che i ragazzi siano costretti a partire con lo zaino pieno di libri”, ha argomentato.

“La circolare è solo un invito a riflettere, tra tutte le discipline insieme i compiti rischiano di diventare un peso notevole e di dividere le famiglie anziché unirle. Per me non è tanto una questione di ‘compiti sì o no’ durante l’anno, ma del rispetto della vacanza: il tempo del riposo mentale e per le cose che di solito non si fanno durante la routine deve essere rispettato. La scuola non si deve sovrapporre al tempo della famiglia”.

“Ci sono famiglie che si lamentano dei troppi compiti e altre che ne chiedono di più, pensando che la scuola che non li dà non sia abbastanza valida. Guardano la quantità piuttosto che la qualità, fanno paragoni tra una classe e l’altra. Non tutto si misura con la carta consumata nei quaderni”.

se i docenti non fossero d’accordo? Ecco la risposta della preside: “Certo, si rischia di andare a ledere la libertà di insegnamento. Ma per me è un invito legato solo alle vacanze. Nello stesso spirito ho regolamentato la disconnessione durante l’orario serale e i festivi, evitando comunicazioni, note o voti sul registro elettronico. La mente ha bisogno di riposare per poi essere pronta ad apprendere. Tutti ne abbiamo bisogno, insegnanti compresi”, ha concluso.

Scuola vista come votificio?

Ecco alcuni dei commenti che stanno apparendo in questi giorni sui social: “Per me ‘compiti per le vacanze’ è un ossimoro, o si fanno i compiti o si fanno le vacanze”, “Il disastro da colmare non è nel periodo delle vacanze di Natale, ma in tutto il resto dell’anno”, “La cultura non conosce pause. Se la scuola viene vista solo come un ‘votificio’ e si studia solo per le interrogazioni, i risultati che se ne ottengono solo quelli che ho elencati sopra. Manca la cultura e il piacere del sapere che la scuola e tante famiglie molto spesso non danno”, “Lo studio è un premio non un peso”.

Redazione

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