I lettori ci scrivono

Caro ministro, perché non ridare serietà all’esame di maturità?

Fra le tante cose che potrebbero contribuire a dare nuovamente serietà e dignità all’istituzione scolastica inserirei anche una revisione dell’esame di maturità.

In una società che ha perso i “riti di passaggio” (M. Aime – G. Pietropolli Charmet, La fatica di diventare grandi. La scomparsa dei riti di passaggio, Einaudi 2014), ripristinare la serietà dell’esame di maturità potrebbe essere – fra le tante altre cose di cui avrebbe bisogno la pubblica istruzione – un modo per rispondere alla richiesta di responsabilizzazione delle nuove generazioni che, per quanto possa non sembrare, hanno necessità ed anzi, richiedono, una guida autorevole e seria che gli insegni, kantianamente, ad “uscire dalla minorità”.

La finirei anche con i dibattiti postsessantotteschi sulla scuola democratica, partecipativa, orizzontale, ecc… Il rapporto docente-discente, se vuole essere fruttifero nell’interesse di chi deve farsi un bagaglio di conoscenze, non può che essere asimmetrico. Questo ovviamente non vuole assolutamente significare che il docente debba porsi autoritariamente nei confronti dei propri studenti, bensì autorevolmente. L’autorevolezza è cosa ben diversa dall’autoritarietà: essere autoritario significa imporsi solo sulla base del proprio ruolo prescindendo dalle proprie conoscenze, dalla passione nel trasmetterle e dalla capacità di entrare in sintonia con i propri alunni, cose che invece sono richieste dall’autorevolezza. Non indulgere nei confronti di comportamenti non adatti all’istituzione scolastica richiede da parte del docente una serietà esemplare nell’adempimento del proprio ruolo ed è quindi una posizione molto più difficile da mantenere rispetto a chi crede che rispetto e attenzione siano semplicemente dovuti per il ruolo occupato.

Lo dico da insegnate che che crede gramscianamente che lo studio sia necessariamente una cosa seria se vuole essere strumento di promozione sociale.

La scuola facile, ahimé, è la scuola che mantiene nell’ignoranza e che quindi priva dell’unico strumento che anche chi viene da una fascia sociale svantaggiata può avere per migliorare il proprio status.

Da un punto di vista simbolico, ma che in alcuni casi diventa sostanziale, alcune delle proposte fatte recentemente dal Ernesto Galli della Loggia sono certamente condivisibili: è chiaro che dare nuovamente dignità alla professione insegnate e alla scuola tutta prevederebbe discussione più ampia, una riforma complessiva a partire, ad esempio, dai sistemi di reclutamento del personale e dal connesso esame psicologico di chi aspira all’insegnamento.

In questa sede volevo però fissare l’attenzione su quello che un tempo era effettivamente considerato un rito di passaggio e che invece ormai da generazioni si è ridotto a mera routine: il vecchio esame di maturità, ormai declassato a esame di Stato.

Un primo passo, al di là di ogni valutazione sui costi, dovrebbe essere quello di ripristinare una commissione d’esame interamente esterna: purtroppo, da insegnante, più volte in commissione d’esame mi è toccato assistere a quello squallido gioco delle parti per cui i docenti “interni” si sentivano sempre in dovere di facilitare la prova d’esame, se non anticipando direttamente le domande che avrebbero fatto in sede di terza prova o esame orale (cosa accaduta), rapportandosi ai membri esterni come a dei nemici contro cui difendere a spada tratta i propri studenti. Una commissione interamente esterna, con un docente della classe quale punto di riferimento noto dei maturandi, ovvierebbe a questi problemi e comunque darebbe il senso di maggiore serietà della prova. A questo mi sentirei di aggiungere anche una revisione dei programmi nel senso di ripristinare per l’esame finale la necessità per il maturando di essere preparato sui principali argomenti degli ultimi tre anni di corso delle principali materie.

Infine, per quanto concerne la parte delle prove scritte, mi sento di concordare con la riflessione di Umberto Eco a proposito del valore del tema invece dei vari articoli di giornale o saggi brevi.

Un ultima cosa: abroghiamo finalmente la tesina! Nella maggior parte dei casi esercizio di ricerca web e copia-incolla che richiede al docente che si metta seriamente a controllarle più il fiuto investigativo che quello valutativo; nei pochi casi in cui si tratti invece di qualcosa di veramente prodotto per sforzo del candidato, emergono i soliti argomenti logori. Raramente mi è toccato di ascoltare l’esposizione di tesine veramente originali, ma non potrebbe essere diversamente.

Ripeto, tante altre sarebbero le esigenze per ridare piena dignità e serietà all’istituzione scolastica e e per mezzo di essa alle giovani generazioni, ma essendo ora il periodo degli esami di Stato, ed essendosi da poco insediato il neo ministro della PI, queste sono alcune delle considerazioni che mi sentivo di condividere.

Roberto Rossetti

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