I lettori ci scrivono

Che fine ha fatto l’appello sulle competenze linguistiche degli studenti?

Che fine ha fatto l’appello accorato al Ministro dell’Istruzione dei 600 docenti universitari e degli 85 linguisti che, senza mezzi termini, hanno denunciato la condizione pietosa degli studenti italiani, anche universitari, iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale, i quali, oltre a non saper scrivere correttamente in italiano non conoscono bene le regole grammaticali della morfologia, della sintassi, dell’analisi logica e del periodo non sanno leggere o addirittura leggono malissimo?

Solito more in Italia si fa soltanto rumore e poi cala il silenzio, perché tutto finisce nel vuoto e nella dimenticanza.

I risultati delle prove Invalsi sulle competenze linguistiche hanno prepotentemente riacceso il problema portandolo alla ribalta nella sua evidente dtrammaticità.

Sappiamo ormai (e lo sanno anche i muri) che gli studenti leggono spesso stentatamente, non rispettano la punteggiatura, sbagliano nella pronuncia corretta dei vocaboli e, in più, non possiedono affatto l’espressività della lettura, in quanto la lettura stessa è espressione viva della lingua.

Leggere male impedisce all’ascoltatore di capire ciò che il lettore sta declamando attraverso la lettura ad alta voce. Molto spesso gli studenti non amano leggere a voce alta e bisogna dire che proprio la lettura ad alta voce permette a chi legge di udire con le proprie orecchie quello che si legge e così si impara a leggere bene e con tonalità espressiva.

Bisogna, quindi, che dalla scuola primaria fino all’università gli studenti debbano imparare a leggere tutti i tipi di testo e almeno due libri al mese. Gli studenti di oggi, purtroppo, hanno una vera e propria avversione alla lettura, non sono affatto appassionati ai libri. Preferiscono stare continuamente incollati ad uno smartphone a chattare e quando lo fanno scrivono senza rispettare la cognizioni elementari della buona grammatica.

Una cosa importante da fare per potenziare le abilità di lettura è abituare gli studenti a conoscere il lessico ossia il significato delle parole. Abituarli a portare sempre il dizionario della lingua italiana a scuola e dare loro la possibilità di ricercarvi il maggior numero di vocaboli possibili imparandone il significato perché gli studenti nativi digitali sono carenti nella conoscenza del significato delle parole e possiedono un vocabolario povero, striminzito e poco incisivo.

Non sanno argomentare un discorso lineare, corretto, asciutto, privo di ridondanze, ripetono sempre gli stessi vocaboli. È per questo motivo che è urgente potenziare soprattutto le abilità di base incominciando da quelle di lettura compiendo un percorso che giunge alla scrittura.

È assolutamente vergognoso che il Ministero dell’Istruzione e il Governo Italiano si siano altamente infischiati di un problema gravissimo che riguarda le competenze linguistiche di base degli studenti e che il grido d’allarme lanciato dai 600 docenti universitari non sia stato considerato.

Si tratta di ben seicento professori universitari di spessore con tanti anni di studio e di ricerca e con tanto di pubblicazioni scientifiche, i quali allarmati dallo stato di “degrado” linguistico di scrittura e di lettura degli studenti avevano pensato di lanciare un allarme che doveva essere all’istante fatto proprio dal MIUR e dal Governo Italiano.

Invece si è lasciato correre ed ora il problema già evidenziato dagli accademici è diventato cronico e incurabile. Anzi c’è bisogno di una forte cura da cavallo!

 

Mario Bocola

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