I lettori ci scrivono

Ci vuole una classe docente giovane e vicina ai ragazzi

Cari colleghi, sono un docente di scienze motorie inserito nelle GPS nella finestra 2020. Soprattutto grazie alla Lode nel voto di laurea, ho già stipulato qualche contratto di supplenza sia per cdc che per sostegno. Nonostante sia d’accordo su alcuni punti della lettera vorrei fare alcune considerazioni.

Non voglio soffermarmi sulla questione “lavoro pubblico solo per concorso”, nonostante la legge sia molto chiara. Non mi dilungo sull’abbandono della classe politica, tema spesso usato come scusante. Non voglio soffermarmi sui fatti a favore del diritto dei neolaureati, di partecipare a questo durissimo concorso, bandito un anno fa, in quanto sono mesi che ci prepariamo, spendendo tempo, soldi, fatica e investendo speranze. Ma soprattutto perché meritiamo una possibilità tanto quanto l’hanno avuta i docenti precari (taluno più di una).

Siamo d’accordo sulla necessità di fare presto se vogliamo riempire le cattedre a settembre. Ma non si può affermare che chi ha più esperienza sia più idoneo di un neolaureato.

A differenza dei colleghi più anziani, ai neolaureati mancherà l’esperienza sì, ma siamo molto più vicini allo stile di vita dei ragazzi, avendo però la maturità per gestirne le problematiche e gli eccessi. Basti solo pensare all’uso della tecnologia, tema che riprenderò a breve. Provate a pensare alle differenze che ci possono essere ascoltando la singola lezione di cento colleghi under trenta e quella di cento colleghi docenti da vent’anni: quali docenti hanno più possibilità di essere effettivamente docenti che saranno ricordati dagli alunni per passione e capacità di stimolare curiosità e competenze? (cit.)

Per le conoscenze della materia, delle materie dei 24CFU e della normativa siamo a “fior di conio”. Spesso non si considera che chi ha deciso di conseguire una laurea magistrale per poter insegnare, ha sicuramente una vocazione e delle capacità di comunicazione e di “saper stare” con i ragazzi, anche BES. Spessissimo tali capacità sono già state sperimentate “sul campo”.

Non dimentichiamoci i progetti di scuola 2.0. Prendiamo ad esempio quanti docenti durante la DAD e ancora con la DDI si siano trovati in difficoltà sostenendo che con la DDI l’apprendimento sia limitato e che la DAD non funziona. Io ho fatto qualche lezione in DDI e l’ho trovata un’eccellente risorsa. Diciamocela tutta, molti studenti dovrebbero insegnare ai professori il come usare certe tecnologie.

In questo momento storico, ci vuole una classe docente giovane, non solamente per un fatto anagrafico, neppure perché probabilmente più frizzante, aggiornata e pronta, ma perché empaticamente più vicina ai ragazzi e alle loro esigenze e necessità e perché più efficiente nel sfruttare sapientemente la tecnologia e i mezzi di comunicazione per sviluppare le competenze ed essere anche un aiuto e un esempio, in un reciproco scambio, per i docenti più “datati”.

Matteo Canzano

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