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Cloe Bianco, caso archiviato: per la Procura nessuno può essere incolpato del suicidio della prof trans, non c’è stata istigazione

Ci sono alcuni aggiornamenti sul caso di Cloe Bianco, la docente transgender che si è tolta la vita qualche anno dopo aver fatto coming out scuola, l’istituto Scarpa-Mattei di San Donà di Piave, nel 2015, arrivando in classe con una minigonna e con una precisa richiesta agli studenti: “da oggi chiamatemi Cloe”.

La morte di Cloe può essere legata a quanto avvenuto a scuola?

All’epoca la scuola ha deciso di sospendere la prof, arrivando anche a infliggerle un procedimento disciplinare e a dichiararne l’incompatibilità rispetto all’insegnamento. L’insegnante, come hanno spiegato molti studenti, era oggetto di vessazioni e discriminazioni da parte di genitori e colleghi.

Poi, 7 anni dopo, nel giugno 2022, la tragica morte di Cloe avvenuta in seguito un incendio della roulotte dove abitava. Che si trattasse di un suicidio è apparso chiaro fin dall’inizio: la Bianco, prima di togliersi la vita ha scritto un post su un blog in cui ha espresso le sue intenzioni. Fin da subito, però, la domanda è stata la seguente: si può parlare di istigazione al suicidio? C’è qualcuno che bisogna ritenersi in qualche modo responsabile della sua morte?

La decisione della Procura

A quanto pare no. La Procura di Belluno, in seguito al decesso, ha aperto un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato. Oggi, mesi dopo la tragedia, la stessa Procura ha deciso di archiviare il fascicolo, spiegando che nessuno può essere incolpato, non è possibile determinare il nome e il cognome di qualcuno che l’ha spinta a commettere tale gesto: si è trattata semplicemente di una sua decisione, questo è ciò che si legge su Il Corriere della Sera.

A quanto pare, quindi, tutta la pressione che ha subito Cloe a scuola e la sua sensazione di essere rifiutata da tutti non giustificano in qualche modo il suo suicidio.

“È impossibile per me ipotizzare un collegamento tra ciò che accadde all’epoca e il suo suicidio di sette anni dopo — dice il suo avvocato di allora, Marco Vorano —. Di certo la sospensione che le fu erogata dalla scuola la affliggeva sul piano personale, si sentiva oggetto di una profonda ingiustizia etica: non riusciva a spiegarsi il perché di quella punizione. Sperava di ottenere giustizia andando in tribunale ma, dopo la bocciatura del ricorso da parte del magistrato, Cloe sparì senza impugnare la sentenza”.

Il corso

Su questi argomenti il corso Disforia di genere: non riconoscersi nel proprio corpo, a cura di Anna Maria Di Falco, in programma dal 16 gennaio.

Redazione

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