Le settimane continuano a passare inesorabilmente, ma il contratto nazionale di lavoro della scuola è ancora fermo sul tavolo (anzi nel cassetto) dell’Aran.
E c’è già chi mormora che, di questo passo, non è detto che si arrivi ad una conclusione prima della pausa estiva.
Se così fosse si correrà il rischio che il contratto venga firmato a settembre; ma a quel punto ci si troverebbe a riaprire immediatamente le trattative per il contratto 2022/24.
Stando alle informazioni un po’ frammentarie che abbiamo raccolto esistono al momento questioni non semplici da risolvere a partire dai profili professionali del personale su cui pare non esserci accordo fra le stesse sigle sindacali.
Il tema del codice disciplinare dei docenti continuerà quasi certamente a rimanere irrisolto e rimandato ad una sequenza contrattuale (viste le esperienze passate questa decisione equivarrebbe a rinviare il problema ad un futuro contratto, con il risultato di lasciare che per i docenti vi sia un trattamento assai meno favorevole rispetto al personale Ata).
Da più di un anno i sindacati sostengono che con il CCNL si deve risolvere definitivamente anche il tema della mobilità in modo da sottrarre alla legge la facoltà di intervenire sulla materia.
Senza trascurare la questione della formazione e dell’aggiornamento professionale che, anche questa volta, rischia di rimanere irrisolta.
E’ probabile invece che con questo contratto venga consolidata la definizione della istituzione scolastica come “comunità educante” (definizione certamente “alta” ma un po’ retorica, dal momento che non può essere un contratto di lavoro a “imporre” a soggetti esterni come i genitori di sentirsi parte di una comunità educante).
Tutto da ridiscutere potrebbe essere poi l’istituto contrattuale del “diritto alla disconnessione” che era stato a suo tempo acclamato come una grande “conquista sindacale” ma che si è di fatto trasformato nell’obbligo ad essere connessi anche al di fuori del proprio orario di lavoro.
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