La ragazza, all’epoca in prima media, si era lamentata su Facebook di una “hall monitor”, una sorta di “capo classe” americana, accusandola di essere “meschina” e di aver flirtato in chat con un ragazzo della sua classe. E così l’amministrazione scolastica l’ha obbligata a fornire la propria password e ha controllato il suo profilo davanti a lei e in presenza di un poliziotto. «Ero così imbarazzata che sono scoppiata a piangere» ricorda l’alunna, intervistata dal quotidiano Star Tribune.
Del caso si è occupata la Aclu, associazione americana per le libertà civili, ottenendo, oltre al sostanzioso risarcimento danni, anche un impegno del distretto scolastico a riscrivere la propria normativa sull’ingerenza della scuola in email e social networks degli studenti, almeno per quanto riguarda l’attività al di fuori degli orari scolastici.
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