Dalla parte degli insegnanti

Le recenti manifestazioni dei dirigenti scolastici volte a protestare contro il blocco del FUN (Fondo Unico Nazionale) hanno innescato, di rimbalzo, la polemica degli insegnanti che desolatamente contemplano il proprio cedolino bloccato ab illo tempore e lo confrontano con quello ben più lauto degli ex presidi.

La polemica serpeggia per tutto il web ed esplode nei gruppi FB dedicati alla scuola e, come sempre in questi casi, vi si mescolano istanze sacrosante e rivendicazioni demagogiche, considerazioni ragionevoli e prese di posizioni irrealistiche.

Facciamo una premessa, con massima sintesi e, dunque, fatale semplificazione. Tutto comincia (siamo, press’a poco, verso la fine degli anni ’80) quando inizia a sciogliersi il dolce e non scritto pactum sceleris di marca democristiana fra lo Stato e gli insegnanti, pactum che così si può sintetizzare: ti pago poco, ma in cambio ti concedo un’ampia libertà nell’esercizio della tua professione, pochi adempimenti burocratici e un decoroso riconoscimento sociale.

Comincia infatti ad affermarsi un modello diverso, insieme più verticistico e differenziato.

Si creano “figure” di docenti dediti a compiti particolari e la burocrazia si infittisce, insieme alle riunioni pomeridiane di dubbia utilità. Diciamo che è una linea di tendenza non ancora codificata, ma che evidentemente segue dei binari che qualche think tank ha già tracciato nella sua mente fervida.

La legge che concede la Dirigenza ai presidi (1998) quella istitutiva dell’Autonoma scolastica (1999), quella che istituisce le RSU (primo insediamento dei comitati di fabbrica nel 2000), costituiscono passi decisivi in direzione della scuola-azienda, nella quale quello che è il cuore dell’istituzione (vale a dire l’attività didattica, e per meglio dire la lezione) non ha più alcuna importanza, poiché l’enfasi è posta sugli organi e le funzioni (Dirigente, Vicario, Collaboratore, Referente di questo e quest’altro, Commissione tale e talaltra, Progetto X piuttosto che Y, rappresentanza sindacale che contratta i miserevoli spiccioli del FIS) nonché – conseguentemente – sul marketing (Piano Offerta Formativa, Progetti extracurriculari di intrattenimento pomeridiano, certificazioni di qualità).

La scuola agonizza, ma poiché dà ancora segni di vita arriva il decreto Brunetta che aggrava i procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti (2009) e intanto procede a vele spiegate la sua medicalizzazione, con l’identificazione delle varie “dis” (lessia – grafia – calculia) e di disturbi e problematiche di altra e varia natura (oggi acronimizzate BES), che comportano l’ingresso nella scuola, oltre che degli insegnanti di sostegno più o meno formati, di altre figure come gli “educatori” e i “Mediatori linguistici e culturali” che si occupano degli studenti di origine straniera.

Tutto questo sempre di più sposta più l’asse della scuola dall’ambito istituzionale dell’insegnamento ad altri ambiti, e insieme grava i docenti di oneri burocratici pletorici, “travettizzandoli” e spegnendo di conseguenza ogni personale motivazione nella direzione che loro dovrebbe appartenere: la cultura e la sollecitudine per le persone in formazione cui si rivolgono.

Ora, due spunti ci si sente di proporre in merito ai colleghi.

Il primo è che quello sommariamente descritto è un processo bipartisan, nel senso che Centro-Destra e Centro-Sinistra su tutto hanno discusso e litigato ma non su questo settore, che li ha visti sempre concordi, salvo scaramucce di contorno.

Il secondo è che la Legge 107, con la creazione di una figura dirigenziale simile al manzoniano “Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola” non è un fiore (si fa per dire) che sboccia nel deserto, ma l’estremo compimento di una prospettiva impostata decenni fa.

Tutto questo considerato, qualcuno potrebbe allora pensare al sindacato come ancora di salvezza. Grave errore: quest’ultimo, da parte sua, non ha nessun interesse a riqualificare il profilo giuridico dei docenti, anzi gli è utile che gli insegnanti rimangano in una condizione di minorità professionale.

Per il semplice motivo che una classe professionale forte delle proprie riconosciute prerogative non abbisogna certo del sindacato per svolgere i propri compiti.

In poche parole poiché nella scuola, come in natura, vige il principio dell’incompenetrabilità dei corpi, se i docenti “crescono” tramite organi di autogoverno, contrattazione separata, sburocratizzazione e quant’altro, il sindacato semplicemente defunge o grandemente si ridimensiona.

Chissà se mai vedremo quel giorno.

 

NdR. L’autore dell’intervento è il Responsabile del Dipartimento Scuola della Lombardia di FdI – AN

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