Il sistema attuale delle competenze, “saper essere” a parte, prevede:
– CONOSCENZE: il sapere
– COMPETENZE: il saper fare.
Il sapere, così inteso, si riferisce ad un possesso mnemonico di dati e contenuti.
Nel “saper fare” il verbo sapere si è trasformato in ausiliare del verbo fare. Quindi l’enfasi cade sul “fare” inteso come dimensione operativa. Un classico esempio del saper fare è il saper guidare una macchina, sia essa un’automobile o un macchinario industriale. Perciò questa dimensione “operativa” assume il valore per un futuro “operaio” a servizio di aziende e imprenditori.
Una visione meccanicistica e essenzialmente capitalistica della parola “competenza”.
Per individuare, invece, una dimensione formativa-educativa delle competenze bisogna prendere in prestito la teoria Bloomiana, in cui:
– CONOSCENZA: il sapere, la riflessione e la comprensione di quello che si sa;
– COMPETENZA: sapere e capire quello che si sa, saper applicare quello che si sa e si è capito.
In questa seconda visione emerge una maggior dimensione culturale del sistema competenze, lasciando spazio anche al sapere riflessivo e critico, non esclusivamente esecutivo.
Ma oggigiorno, anche in considerazione dell’emergenza sanitaria che sta colpendo la scuola italiana, bisogna iniziare a parlare di METACOMPETENZE. Vale a dire di quella capacità di padroneggiare le proprie competenze, di monitorarle e controllarle, di adattarle alle situazioni mutate, di integrarle tra loro in modo da dare vita ad altri “saper fare” in maniera autonoma.
E soprattutto di crearne di nuove, partendo dalle “vecchie”, in maniera rapida e rispondente alle problematiche improvvise che presentano inaspettatamente. Questo, ovviamente, vale sia per gli studenti che per i docenti, per quanto di loro “competenza”.
Carlo Salvitti
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