A volte anche i numeri bastano per spazzare via certi luoghi comuni sui dipendenti pubblici. Perché dai dati ufficiali, resi noti nel corso del Forum Pa in svolgimento a Roma, si evince che non sono troppi, come spesso si sente dire, e che detengono dei titoli di studio decisamente sopra la media, quindi adeguati.
Con 3,2 milioni di lavoratori, la Pubblica Amministrazione italiana ha infatti al suo interno “il 70% dei dipendenti rispetto alla Germania, il 65% rispetto all’Inghilterra e il 60% della Francia”.
In pratica, dopo i tagli agli organici e perenni blocchi del turn over, il numero di lavoratori pubblici, i cosiddetti travet, si colloca molto al di sotto degli altri Paesi moderni del Vecchio Continente.
Il quadro di occupati nazionale potrebbe mutare, in meglio, qualora andassero in porto i previsti piani di stabilizzazione dei precari: tale eventualità tuttavia, secondo gli esperti di pubblica amministrazione del Forum PA non si può ancora verificare se realista o solo teorica.
Per quel che riguarda invece il livello di istruzione, la situazione appare meno fumosa: lo studio parla “dell’esercito dei diplomati”, con “il 62% dei dipendenti della P.A ha al massimo un diploma di licenza media superiore, il 4,2% ha una laurea breve e poco più di un terzo (34%) ha la laurea o titoli superiori”.
Si tratterebbe, sostengono sempre gli analisti pubblici, delle “prime tracce della riforma Madia sulla Pubblica Amministrazione” ma, sottolinea il Forum PA, gli “impatti hanno ancora bisogno di tempo per diventare visibili”.
Di sicuro, nella PA sono concentrati molti laureati, visto che la media nazionale è di appena il 18 per cento di cittadini che hanno raggiunto il titolo di studio accademico. Quindi la tanto vituperata pubblica amministrazione non sembrerebbe, almeno sulla carta, così declassata da un punto di vista della preparazione culturale dei propri dipendenti.
Ma c’è dell’altro. E riguarda la scuola. I docenti, in particolare: l’unica categoria pubblica che detiene non un laureato su tre, ma ben due su tre. Il doppio, in pratica. All’alto livello di studi raggiunti, tuttavia, non corrisponde un corrispondente livello stipendiale. La prima contraddizione giunge da altri dati nazionali forniti in questi giorni sempre al Forum PA romano: “ciascun dipendente pubblico costa in media 49.000 euro l’anno”.
Peccato che di questi soldi, ci dice la Ragioneria generale dello Stato, meno di 30mila vanno agli insegnanti. Mentre un dipendente pubblico, in media, percepisce oltre 34mila euro, quindi 5mila in più l’anno, ovvero oltre 400 euro al mese.
Con altri comparti dove i laureati hanno ben altri compensi: nella magistratura, ad esempio si arriva a quasi 140mila euro anni. Chi opera nella carriera prefettizia e diplomatica sfiora i 95mila. Decisamente più “ricchi” figurano i lavoratori pubblici delle autorità indipendenti (quasi 85mila) e inquadrati nella presidenza del Consiglio dei ministri circa 58mila.
I docenti si ritrovano appaiati ai dipendenti di Regioni ed Enti Locali, oltre che ai ministeriali. Dove però i laureati sono una sparuta minoranza.
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