Leggo sempre con piacere le Sue riflessioni sulla scuola paritaria. Sul gradiente di libertà e di indipendenza, di pensiero e di giudizio, che continua a mancare. Sui pregiudizi, vecchi e nuovi, che ostacolano la riflessione. È chiaro che così, senza contributi economici, la parità è monca. Non porta diritti alle famiglie e neppure dà garanzie a chi continua, ostinato, a cercare di offrire opzioni educative alternative a quella statale. La situazione è quella. E Lei certo non si rassegna. Vabbè.
Io volevo soltanto, se posso, aggiungere sul tema un aneddoto. Ho assistito recentemente a un dibattito sull’importanza della sana competizione nei contesti scolastici ed educativi. Qualche triste brivido, confesso, mi correva sulla schiena a sentire quei (sinceri, mamma mia..) rigurgiti di cultura anni ‘80 e ‘90 che in molti ambienti è ancora regola.
Solo a pronunziare quel sana, davanti alla parola competizione (per come è stata vissuta e interpretata), in chi ha un po’ di anni di esperienza di vita dovrebbe scattare un meccanismo difensivo idoneo a spostare la riflessione sui danni sociali che, anche solo evocati, cinismo e individualismo possono arrecare alle nuove generazioni. Bullismo, esclusione dei più fragili, primazie corrotte da furbizie, forme rozze di prepotenza, seduttivita’ speculative, ecc. ecc. Due cose mi consolano.
La prima. La riflessione di un giovane dopo il dibattito. “Tutte sciocchezze. Roba vecchia. Dinosauri. Ma, tranquillo, io non mi sono ancora rassegnato a sperare che quello penso non sia sbagliato anche se non è condiviso da chi, anche per ragioni generazionali, ha ruoli di potere; credo che la voce fuori dal coro sia importante; il Re’ è spesso nudo, ecc. ecc. “
La seconda. Gli studi dell’associazione non profit indipendente Hechninger Report sulle forme di insegnamento socio emozionale. Storie di ragazzi che stringono nodi, anche di braccia e di mani, tra di loro. Storie di ragazzi che si educano reciprocamente al coraggio e alla speranza. Storie di ragazzi aiutati a comprendere che non ci si deve rassegnare al peggio dei mondi, reali e digitali, dove viviamo. Che la qualità degli ambienti dove viviamo dipende anche da noi. Dalle nostre scelte. Per carità. Certo. Come cantava Carotone..”e’ un mondo difficile e vita intensa felicità a momenti e futuro incerto..”.
Ma quelle parole magiche, “coraggio” e “fiducia”, quasi sinonimi tra loro, quanto mi piacciono di più dell’idea così insalubre di “sana competizione”.
Evviva allora la scuola che non insegna a lasciare indietro chi non riesce a tenere il passo, ma sa far crescere nei migliori il senso di responsabilità e la solidarietà verso gli ultimi. Evviva la scuola che legge il futuro con coraggio, non con paura.
Che proietta una promessa di bene nella vita dei nostri figli. Non ombre di mondi tristi e noiosi dove sarà sempre più complicato e difficile vivere.
Così educati, quei ragazzi, una volta diventati adulti, restituiranno certamente alla scuola L’ autentica l’libertà che solo il pluralismo dell’offerta può garantire. Non si rassegni, nel frattempo, Suor Anna Monia. Coraggio.
Luigi Corbella
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