Famiglie spezzate dalle immissioni in ruolo: si trovino soluzioni…

Sto leggendo casi di diverse famiglie composte da coniugi docenti che la “Buona Scuola” ha separato. Anche io come loro vivo la stessa condizione difficile da affrontare. La mia residenza è in Calabria e dopo avere trascorso un anno a 1000 km di distanza dalle mie figlie di 7 e 10 anni per superare il periodo di prova,  l’algoritmo ha decretato (peraltro in maniera poco trasparente che mi ha lasciato parecchi dubbi) di assegnarmi la titolarità triennale in Toscana e assegnare mio marito insegnante in Sicilia mentre le nostre figlie sono piccole studentesse calabresi. La situazione è dura sia dal punto di vista affettivo che economico.
Mi sorprende osservare le considerazioni che vengono generalmente fatte su casi simili e soprattutto la disattenzione da parte delle istituzioni che dovrebbero invece dimostrare massima sensibilità soprattutto MIUR e forze sindacali.
Infatti noto che a livello territoriale si sono trovate soluzioni per docenti sardi e siciliani a cui saranno affidate cattedre per il sostegno pur essendo privi gli insegnanti di specializzazione ma non si è pensato alle famiglie di docenti che si smembrano.
Per le famiglie in cui c’è un militare in casa però il trattamento riservato è diverso da quello degli insegnanti. E’ giusto che queste famiglie restino unite, ma perché non si è pensato anche a quelle in cui vi sono due docenti? Famiglie composte da moglie e marito docenti non sono così tante e qualcosa si potrebbe fare. Faccio appena notare che il refrain “non facevate la domanda” che spesso qualcuno usa per dare un senso a quanto accaduto è davvero privo non solo di logica ma anche di tatto. Infatti quanti docenti sono stati spinti a fare domanda da chi diceva che questo era un treno che non bisognava perdere per l’immissione in ruolo, una occasione unica, facendo comprendere e quindi mettendo al muro gli aspiranti, che chi non saliva su questo treno, probabilmente non avrebbe – come sta accadendo – più avuto la possibilità di lavorare? E così sta succedendo per tanti precari a cui rivolgo la mia sincera solidarietà comprendendo la loro condizione.
Ma non è finita. Il sacrificio che è toccato a tanti neoimmessi nel 2015/16 di allontanarsi da casa per essere stabilizzati non può essere considerato come quello di tanti che li hanno preceduti e ora hanno fatto ritorno. Infatti, chi decideva di spostarsi al nord dove c’erano cattedre e si è sistemato in attesa di rientrare, ha avuto la possibilità di pianificare il suo allontanamento.
Spesso la provincia veniva decisa perché si aveva “un appoggio” (un parente, amici, etc.) o perché la si conosceva e, moglie e marito, potevano trasferirsi con i figli al seguito con la certezza che nessuna ragione legata al lavoro li avrebbe separati.
Per tanti neoimmessi in ruolo di questo piano straordinario le cose non sono andate così ed è davvero triste pensare che nessuno riflette su tante famiglie che dovranno affrontare diversi problemi e non più in maniera unita. Le mie figlie hanno un curriculum scolastico che mi rende orgogliosa: tutti 10 in pagella. Sono riuscite anche quest’anno ad ottenere questi risultati pur avendo una mamma lontano da casa che ha attraversato ben 52 volte l’Italia in treno e autobus per riuscire a starle vicine nel fine settimana e con un papà che ha fatto da “mammo”.
Ma adesso non so davvero come finirà….
I lettori ci scrivono

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