Prima dell’emergenza Covid non c’era anno senza che qualche studente, vittima dissennata di incidente più o meno scolastico, assurgesse agli onori della cronaca. E ogni volta giù grandi strepiti in ogni dove e culpa in vigilando e denunce penali e richieste di risarcimento e spesso condanne e in ogni caso, signora mia, o tempora o mores!
La giurisprudenza va sempre lasciata ai giurisperiti, fu tuttavia proprio un giudice a riconoscere almeno in un’occasione con rara ragionevolezza che i docenti “non hanno l’obbligo di controllare capillarmente ogni singola condotta degli studenti”. Studenti, magari maggiorenni o quasi, che nottetempo in gita scolastica si danno inopinatamente al balconing o a chissà quale altro improbabile sport estremo. Quella volta perlomeno si archiviò tutto, sia pure a un lustro dai fatti.
Intanto ti guardi attorno e scopri che a sedici e pure a quattordici anni due fanciulle possono allegramente farsi centoventi chilometri tutte sole per trascorrere la notte in discoteca e di primo mattino farsi travolgere dal frecciarossa di passaggio a duecento chilometri orari. Senza neppure un docente, un dirigente, un funzionario del ministero da denunciare. Nessuno.
Anche chi per mestiere farebbe il moralista si arrende: ai giovani occorre “consegnare fiducia stima libertà e autonomia”, sermoneggia.
Così poche settimane dopo è già tutto dimenticato, mentre tra qualche altra settimana riaprono le scuole.
Andrea Atzeni
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