Attualità

Fuorionda Giambruno, quale esempio per i giovani? L’educazione non dovrebbe essere solo a scuola o in famiglia

Da qualche giorno si sta parlando del fuorionda, mandato nel programma televisivo di Antonio Ricci, Striscia La Notizia, in cui il giornalista Andrea Giambruno molesta verbalmente delle colleghe sul luogo di lavoro. I contenuti dei video sono ormai chiari a tutti, è superfluo riportarli, ma c’è una cosa su cui bisognerebbe riflettere e non è il fatto che la sua compagna, la premier Giorgia Meloni, abbia chiuso la loro storia pubblicamente. Il punto centrale della questione è il modo in cui il giornalista si è rivolto alle sue colleghe.

Il professore e scrittore Enrico Galiano ha pubblicato, come è solito fare, un episodio capitato in classe che fa molto riflettere sul come gli uomini pensano di “corteggiare” le donne. In questo caso i protagonisti sono degli studenti.

Ecco il racconto di Galiano.

Mi è capitato di andare in una scuola, in questi giorni. Di preciso non mi ricordo come ci siamo arrivati, ma siamo finiti a parlare di approcci, di ragazze e ragazzi, quella roba lì. Siccome sono curioso, ho chiesto loro di aggiornarmi, io che son rimasto alle mie tecniche anni ’90 (la mia personale era nascondermi in un angolo sperando che qualcuna si facesse affascinare dal tipo tenebroso e taciturno) (allarme spoiler: non funzionò manco mezza volta).

“Allora, dai, come fate voi ragazzi, oggi?” Decine di mani che si alzano, gente che fa a botte per rispondere, urla da stadio, trecento di loro in completa fibrillazione ormonale. Anche tu: fai questa domanda alle medie, ti vuoi proprio far del male! In mezzo a tutti, noto un ragazzino più agitato di altri, si vede che lui la sa la risposta, mi scongiura di dargli il microfono come se aspettasse quella domanda da anni. Gli do la parola. Tanto, penso, ha un bel visino angelico, è in prima, cosa mi potrà mai dire di strano! E lui: “Se vuoi una ragazza, la devi prendere e la devi mettere al muro!” Giuro, non sto scherzando. Ha risposto così. E non stava scherzando: lo pensava veramente. Undici anni. Visino angelico. Mezza scuola ride e applaude, l’altra mezza protesta, e non serve specificare a quale genere appartenessero le due metà. Imbarazzo generale, invece, fra gli adulti presenti che si guardano come a dire: “Ma lo ha detto davvero?” Convinto di essere stato sfortunato nella scelta, cerco nella folla un altro ragazzo cui dare la parola: per riparare il danno, come dire. Lo trovo, è un tipo con gli occhiali, faccino da bravo ragazzo.

“Allora, tu come fai invece?” Lui prende il microfono con sicurezza, guardando il suo compagno come a dire “Ma va, non capisci niente!” e io mi tranquillizzo. E poi fa:” Lo so io come devi fare se vuoi una ragazza! Devi pagarla!” Scena identica a prima. Mezza scuola ride, mezza protesta. Adulti a bocca aperta. Posso dire che non è semplicissimo uscire da situazioni come queste. Da fuori può sembrare piuttosto facile, ma provateci voi. Erano trecento, dagli undici ai quattordici anni. Auguri. Prediche su quanto è sbagliato quello che è stato detto, mmh, funzionano poco. Prendere i due fenomeni e farne due colpevoli, additarli davanti a tutti, ancora meno. Così scelgo di chiedere a tutti i maschi di tacere e di far alzare la mano a tutte le ragazze d’accordo con quanto appena detto. Zero, nada, niet. Com’è ovvio. E poi mi chiede la parola lei. Sofia, si chiama. Che dice: “Secondo me se vuoi piacere a una ragazza devi essere gentile. E poi dovete prima conoscervi.” Ovazione delle ragazze. Applausi di una parte dei ragazzi. Adulti i cui occhi in coro dicono: “Era ora!” Game, set, match, certo. Ma quando dei ragazzini di dodici anni ti danno queste risposte, hai poco da stupirti se un giornalista televisivo molesta le colleghe nei fuori onda, o se in Italia ogni tre giorni una donna è vittima di femminicidio. Perché se a dire certe cose sono dei ragazzini, il problema non sono loro, non è la scuola, non è la famiglia. Il problema è dappertutto. Avevo chiesto di essere aggiornato, e invece mi sa che siamo ancora fermi all’Ottocento.

Sara Adorno

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