Attualità

Gli esami di maturità segnano la fine di un altro anno scolastico. Un bilancio

Gli esami di maturità segnano la fine di un altro anno scolastico.
Un altro anno se ne è andato, dunque, nonostante la crescente burocratizzazione, la pressione sociale, le aspettative dei genitori, le attese dei ragazzi di oggi.

La speranza è di continuare a rappresentare una speranza per tutti, al di là e nonostante le nuove illusioni: che attraverso il diritto amministrativo si possa governare una complessità sempre inedita, che la tecnologia possa rappresentare un valore aggiunto sul piano didattico e culturale, che i pezzi di carta utilitaristici possano calmare le nuove ansie di genitori e studenti.

Perché illusioni? Perché la scuola è fatta di persone, e le persone, secondo ruoli e responsabilità, vivono comunque secondo la qualità delle relazioni, con al centro una domanda culturale, di senso, prima che cognitiva, che è sempre oltre e altro dalle nozioni, dai formalismi, dalle medie aritmetiche.

Se la scuola è fondata sulle relazioni, è ovvio che il cuore della scuola sono i docenti, i presidi, i ragazzi. Si dovrebbe capovolgere dunque la struttura gerarchica odierna, che vede al centro il ministero elefantiaco, mentre al centro dovrebbero essere le scuole legate e collegate agli enti locali. Ma in Italia, si sa, è il centralismo a dominare.

Al neo ministro e al sottosegretario sarebbe sufficiente che si occupassero di questo, oltre il modello assistenzialistico e centralista deresponsabilizzante.
Vedere brillare gli occhi dei ragazzi, questa la vera “buona scuola”.

Tutti, nelle scuole, hanno questa consapevolezza? Ce l’hanno i burocrati che la governano solo sulla base dei numeri, ce l’hanno quei pochi docenti e presidi che cercano i sotterfugi normativi per servirsi della scuola, e non servire la scuola? Ce l’hanno quei pochi genitori che chiedono e pretendono di insegnare ai docenti e ai presidi il loro mestiere, scaricando sulla scuola frustrazioni, crisi personali e familiari, aspettative diverse dalla realtà dei loro figli? Ce l’hanno i ragazzi di oggi, quando, a volte, non si rendono conto della fortuna che si trovano tra le mani, cioè una scuola, nonostante tutto, di qualità, che cerca di aiutarli e accompagnarli verso il loro futuro? Se ne rendono conto, ad esempio, quando fanno un anno all’estero, e capiscono bene le differenze tra la scuola, non so, americana, nord-europea, fatta sì di campus e di belle strutture, ma, a differenza della nostra, incapace, troppe volte, di far crescere l’arte del domandare ragione e senso.

Ogni anno che passa è un anno che viene vissuto, sempre più, “pericolosamente”. Non solo per le vicende degli attacchi violenti a docenti e presidi, ma anche per quei pochi docenti che hanno il certificato medico facile, che rendono tutto più complicato.

Nonostante tutto e tutti, giusto chiedere ai genitori e ai ragazzi di fidarsi della scuola, dei loro docenti, delle loro valutazioni. Di non considerare un voto negativo come un giudizio sulla persona del ragazzo o sulla famiglia. Ma solo il rilevamento di un limite che è bene venga sanato.

Se c’è una cosa che tutti rilevano è che oramai non ci si iscrive più solo per gli indirizzi di studio o per questa o quella materia. Ma ci si iscrive prima ancora per il contesto educativo-contestuale.

Quindi, giusto chiedere alle famiglie di fidarsi e di affidarsi. Poi le porte sono sempre aperte per un chiarimento, per un aiuto, per una proposta.

Sapendo che, a scuola, diversamente dall’infelice decalogo di Galli della Loggia apparso di giorni fa sul Corriere (parla della scuola di oggi con gli occhi rivolti al passato), i nostri ragazzi ed i loro genitori incontrano oggi forse l’unico luogo di verità educativa, visto il contesto odierno, frammentato ed utilitaristico.

Se i genitori, ad esempio, invece di prendersela con i docenti rigorosi, se la prendessero con i docenti dal voto facile!

Se la scuola, per chiudere, è oggi, forse, l’unico luogo di verità educativa e culturale dei giovani di oggi, dispiace che nel discorso di insediamento al Senato il premier Conte si sia dimenticato proprio della scuola e della formazione. Invece di metterla come primo punto su cui rifondare la convivenza e la speranza di futuro del nostro Paese. Un brutto segnale, che oramai si ripete da governo a governo.

Gianni Zen

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