A dirlo è stato il presidente dell’Inps, Antonio Mastropasqua dall’alto dei numeri in suo possesso, e cioè che nei primi sei mesi dell’anno i nuovi assegni liquidati dall’Inps sono stati 84.537, con una diminuzione del 46,99% rispetto allo stesso periodo del 2011. Se questi dati si aggiunge che l’età media di accesso al trattamento pensionistico è di 61,3 anni, con cui si supera la Francia, che si attesta a 59,3 anni, e si sfiora il dato tedesco, che è di 61,7 anni, si capisce che la batosta sulle pensioni c’è stata e anche pesante.
Tuttavia, secondo Il Sole24Ore, sono diminuite in modo particolare le pensioni dei lavoratori dipendenti che sono passati da 44.652 a 34.104 con un saldo negativo di -23,62%, mentre le pensioni di anzianità nel complesso sono scese del 43,12%, passando da 81.894 a 46.585, con un down consistente soprattutto per i dipendenti: -44,72%, da 58.391 a 32.281. Questo risultato sarebbe dovuto “grazie all’effetto combinato dello scalino e della finestra mobile che ha rinviato il punto di arrivo. Questi due stessi interventi sono alla base del rialzo dell’età media di pensionamento, su cui si innesteranno a partire dal 2013 anche le misure targate Fornero”.
In altre parole, come sostiene il Fatto , stiamo assistendo a un calo complessivo di spesa nei confronti delle pensioni pari a quasi il 47% in meno, mentre gli effetti della riforma Fornero ancora devono apparire all’orizzonte della scena previdenziale. Prima del fulmine il tuono, tanto che lo stesso Cesare Damiano, già ministro del lavoro, sostiene: “Siamo arrivati a oltre 61 anni di media superando la Francia e avvicinandoci alla Germania. Tra pochi anni saremo i primi d’Europa, mentre l’abolizione delle quote hanno lasciato improvvisamente scoperte centinaia di migliaia di persone che rimangono anche per quattro o cinque anni senza stipendio e senza pensione”. Per questo, dice Damiano, sono illuminanti “i dati forniti dall’Inps che confermano l’esigenza di apportare le necessarie correzioni all’ultima riforma, per mettere al sicuro tutti i lavoratori che hanno i requisiti per accedere al vecchio modello pensionistico”.
“A scanso di equivoci non è superfluo sottolineare”, sostiene a sua volta il Fatto, “che la riforma Fornero non ha avuto alcun impatto di alcun genere sui risultati dell’Inps del primo semestre del 2012, poiché i suoi effetti devastanti sulle persone e quelli economici si cominceranno a sentire solo dal 2013.”
Ma il Fatto si chiede ancora: “Che cosa ha motivato allora Fornero a pensare e poi attuare la riforma che si sta rivelando, oltre che drammaticamente insostenibile per centinaia di migliaia di pensionandi senza lavoro, anche del tutto superflua?”
E questo è il punto, mentre pensiamo a quanto sta accadendo nella scuola per le pensioni negate, sia al personale che al 31 agosto ha raggiunto “Quota 96”, e sia agli inidonei che si stanno costringendo, invece di accelerarne il pensionamento, a svolgere mansioni di Ata, e ai sopranumerari di cui si cerca la classe di concorso in eccedenza per metterli a riposo.
C’è dunque qualcosa che non funziona, secondo la logica che ci è stata spiegata, o ha ragione il Fatto quando dice: “Fornero ha attuato una riforma di cui è ideologicamente convinta da sempre anche contro le evidenze di non necessità e ha trovato sponda da tutti coloro che volevano fare cassa”?
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