Categorie: Personale

I prof inglesi fuggono all’estero: e i nostri?

Gli insegnanti britannici, in fuga dalle loro scuole, possono insegnare nelle scuole internazionali dove si utilizza come lingua principale l’inglese, ma i nostri prof, se volessero fuggire, dove potrebbero andare?

Secondo l’ispettore capo dell’Ofsted, l’ente che coordina le scuole britanniche, la fuga dei docenti inglesi in altre parti del mondo starebbe diventando un vero allarme: «Oltre 100mila insegnanti full time hanno già lasciato la nativa Gran Bretagna per andare a lavorare in scuole internazionali – ha dichiarato pubblicamente – : trasformandoci in una nazione esportatrice di insegnanti di alto livello».

E le fughe di cervelli, per il Regno Unito, è solamente un male e quando i numeri negativi incominciano anche di poco a variare si lanciano allarmi. Nel caso particolare degli insegnanti inglesi sembra che la gran parte vengano conquistati dall’idea di lavorare in luoghi esotici come Kuala Lumpur, Doha o Bangkok, con stipendi più alti di quelli che avrebbero in patria e quindi abbandonano il loro paese, che intanto soffre di mancanza di professori, in un periodo in cui il numero degli alunni invece aumenta inesorabilmente. Tuttavia, secondo quanto pubblica il Corriere, l’aspetto che suscita più preoccupazione è lo spreco di risorse, visto che  le istituzioni inglesi formano i docenti, ma poi non godono del vantaggio di averli attivi in patria, impegnati a preparare nuove generazioni di cittadini e professionisti.

E infatti è stata lanciata la proposta, non capiamo quanto ossequiosa dell’autodeterminazione, di imporre ai professori inglesi di «esercitare» in patria almeno per qualche anno dopo la laurea.

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Più allettante quell’altra: che  per trattenerli in patria si costruisca un sistema di vantaggi economici, dalla riduzione delle tasse per i primi anni fino all’aumento degli stipendi. Un programma di valorizzazione per fare in modo che insegnare nei sobborghi di Londra o nel Dorset sia conveniente e stimolante per i nuovi docenti quanto trasferirsi nei paesi del Golfo.

Sembra fra l’altro che una delle parole d’ordine di questi insegnanti fuggitivi sia: meglio all’estero che nelle scuole delle periferie urbane in patria. Se poi nei paesi esotici dove si dirigono trovano, oltre a un ambiente lavorativo meno stressante, pure uno stipendio ben formulato, tanto meglio.

Più ingarbugliata la condizione dei nostri prof che non hanno opzioni oltre confine, ma se decidessero di fare le valigie certamente nessuno si opporrebbe, anzi: a concorrenza che fugge ponti d’oro.

Pasquale Almirante

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