La formazione in servizio è invece un tema ben strutturato nel documento. Ricordiamo che è un diritto (accanto all’aumento di competenze, ci dovrebbe essere un corrispettivo vantaggio di carattere professionale, pure economico) ed un dovere (obbligo di servizio).
Quindi, la formazione:
– deve essere gratuita. Considerazione non banale. I fondi assegnati alle scuole per la formazione si sono ridotti, negli anni, a briciole. Parliamo di tre-quattrocento euro l’anno per un Istituto di medie dimensioni, con un centinaio di dipendenti (investimento di tre-quattro euro a testa…). Al contrario, alle scuole va data la possibilità di provvedere non solo direttamente alla formazione, ma anche al rimborso spese per i propri docenti che intendono formarsi, così com’è usuale nelle aziende;
– deve essere tempestiva. Esiste un evidente gap tra la ricerca nel campo dei processi di apprendimenti e ciò che passa, a riguardo, nelle scuole. Tra l’innovazione tecnologica e l’aggiornamento delle competenze digitali dei docenti. Persino la storia contemporanea nei suoi sviluppi più recenti e determinanti non passa i confini degli edifici scolastici;
– deve coinvolgere anche (e non solo) gli stessi docenti, i più esperti, i più bravi, come formatori dei colleghi. La “peer education” è una strategia che funziona non solo con gli alunni;
– deve orientarsi con e verso il digitale (uso di strumenti per imparare e per insegnare);
– deve ricordarsi del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario: gli ATA fanno una buona scuola tanto quanto i docenti;
– deve svilupparsi ed incrementarsi attraverso le reti di scuole. Come? Cerchiamo di intravedere qualche scenario possibile (vedi III pillola).
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