La “cura” dell’altro ha una dimensione pedagogica e chi insegna lo deve sapere. A sostenerlo è Italo Fiorin, presidente della Scuola di Alta Formazione EIS e docente di Pedagogia Speciale, incontrato dalla Tecnica della Scuola margine dell’incontro di Papa Francesco con 6mila alunni delle scuole della Rete nazionale di Pace.
“Io credo che un bravo insegnante, e ce ne sono tanti, sia in grado prima di tutto di ascoltare i giovani, i loro bisogni, i loro problemi. Ma deve anche invitare gli studenti a vedere la realtà, a prendere consapevolezza, ad usare le discipline di studio e gli strumenti culturali per esplorare questa realtà”.
E ancora: “Al tempo stesso, il docente deve sapere accendere in loro la motivazione ad essere responsabili, a rispondere in prima persona. Quindi, dovremmo cercare di realizzare una scuola che aiuti a conoscere, comprendere, sentire e ad agire”.
Fiorin ha speso parole di apprezzamento per l’iniziativa del 28 novembre in Vaticano: “è stato un incontro centrato sulla pace, ma anche l’appuntamento delle scuole italiane che hanno partecipato e che hanno incontrato Papa Francesco: sono confluiti in Vaticano 6mila alunni con i loro insegnanti, dedicato proprio a cosa può fare la scuola per costruire la pace”.
Perché la pace si associa alla ‘cura’? “La parola ‘cura’ – ha risposto il professore accademico – ha una grande risonanza. Basti pensare al cartello affisso dai ragazzi nell’aula di Don Milani con la scritta ‘I care’, che vuol dire proprio ‘mi sta a cuore, mi prendo cura della realtà’”. La cura ha una dimensione educativa, significa che noi non ce ne freghiamo del mondo, sempre come diceva Don Milani: significa che dobbiamo fare qualcosa”.
“La scuola è una grande risorsa e segno di speranza e la scuola – ha concluso Italo Fiorin – deve aiutare le nuove generazioni a comprendere la realtà. L’educazione è un processo di trasformazione. Formarsi per cambiare noi stessi per cambiare il mondo”.
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