I lettori ci scrivono

“Il diritto all’istruzione ha bisogno della libertà di scelta educativa”

Il partecipato convegno “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa in Italia e in Europa”, svoltosi a Roma il 14 novembre scorso, ha visto l’autorevole partecipazione della Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e del Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Tra il pubblico, intervenuto numeroso per confrontarsi sul tema del documento CEI Autonomia, parità e libertà di scelta educativa, c’erano anche i Superiori maggiori degli istituti religiosi dediti all’educazione dei giovani.

L’intervento della Presidente del Senato, lungi dal limitarsi alle formalità istituzionali, ha approfondito l’argomento nei suoi fondamenti culturali, giuridici e sociali. Posto che la cultura costituisce «la più grande ricchezza che ogni individuo può acquisire e mettere a frutto in un percorso di vita aperto al prossimo, alla collettività, al confronto e al dialogo», ne consegue, ha affermato la Casellati, che l’istruzione è «un diritto di ogni persona, che acquista una dimensione e una portata così ampia da realizzarsi con il diritto fondamentale di libertà, dignità e autonomia del singolo individuo».

Ma porre alla base della riflessione la persona, il diritto e la libertà significa, secondo la Presidente, rifondare il discorso sulla parità tra scuola statale e paritaria, superando le decennali contrapposizioni tra scuola statali e paritarie, sulla legittimità del loro finanziamento, sulla loro natura pubblica o privata. Infatti, se al centro sta la persona con i suoi diritti alla libertà di insegnamento e di apprendimento, si pone l’esigenza, per le istituzioni, di far sì che quei diritti vengano garantiti.

Purtroppo in Italia, ha proseguito la Casellati citando il rapporto OCSE-PISA pubblicato lo scorso settembre, «il sistema scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non consente ancora di superare le differenze di partenza tra studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le consolida: non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli alunni più favoriti e quelli svantaggiati». I dati raccolti dall’OCSE dimostrano inoltre come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia determinata principalmente dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie.

Perché il sistema formativo italiano possa perseguire gli obiettivi fissati dalla Costituzione, la Presidente del Senato ha affermato dunque di condividere l’urgenza delle quattro principali questioni giuridiche e normative poste dal documento della CEI, tutte peraltro strettamente concatenate tra loro:

– la discriminazione degli studenti, per ragioni economiche, nel loro diritto ad apprendere;

– la non ancora completa attuazione delle prescrizioni della legge 62/2000 per garantire l’autonomia e la sostenibilità delle scuole paritarie, anche in rapporto alla libertà di insegnamento;
– la mancanza di una effettiva libertà di scelta educativa, sia per gli studenti sia per i genitori, dovuta anche al forte divario economico tra la gratuità della scuola statale e l’onerosità di quella paritaria, che è interamente a carico delle famiglie;

– La carenza, infine, di un’adeguata valorizzazione professionale dei docenti delle scuole paritarie, penalizzati sotto molteplici aspetti rispetto ai loro omologhi delle scuole statali.
Per soddisfare questa esigenza, potrebbe essere utile una riflessione, da parte di tutte le Istituzioni, sulla via suggerita dall’OCSE di finanziamenti mirati alle famiglie più povere, o una attenta valutazione di proposte come quella contenuta nel documento della CEI relativa alla determinazione di un “costo standard di sostenibilità per allievo”.

Tale costo standard, citato dalla Presidente, si configura come la quota capitaria che lo Stato sarebbe chiamato a investire in favore di ogni allievo per la sua formazione. Spetterebbe poi all’allievo (o al genitore) attribuirlo alla scuola prescelta, la quale, a sua volta, accederebbe al finanziamento pubblico, ricevendo tante “quote capitarie” quanti sono gli allievi frequentanti, senza più rette aggiuntive per le famiglie.

La Presidente Casellati ha proseguito delineando gli effetti che tale nuova impostazione culturale e organizzativa provocherebbe nell’intero sistema scolastico nazionale: «Dare agli studenti e ai genitori la possibilità di scegliere tra una buona scuola pubblica statale e una buona scuola pubblica paritaria, favorirebbe una proficua, leale e necessaria concorrenza tra gli istituti scolastici. Una concorrenza che avrebbe il merito di innalzare il livello dell’offerta didattica, di valorizzare il ruolo dei docenti, di produrre maggiori e migliori competenze e nuove professionalità che, una volta impiegate, potrebbero tradursi in nuove ricchezze per tutto il Paese. Una concorrenza che si svolgerebbe comunque sotto lo sguardo garante dello Stato e in piena in armonia con gli obiettivi costituzionali. È la Costituzione a dirci che l’iniziativa privata in materia di istruzione deve avere il diritto e la libertà di affiancarsi alla doverosità dell’azione statale e di concorrere con essa alla realizzazione dell’interesse della collettività. Una scuola più equa, quindi, nell’accesso, nell’offerta didattica, nella sostenibilità della scelta educativa».

La magistrale relazione della Presidente del Senato ha indotto gli altri relatori a suggerire una convinta convergenza culturale sul costo standard sostenibile per allievo da parte di tutti i protagonisti del mondo della scuola statale e paritaria. Si sono proposti anche incontri allargati per arrivare a soluzioni operative coerenti e risolutive delle gravi difficoltà attuali. Piena condivisione ha riscosso infine l’affermazione del Cardinale Gualtiero Bassetti, il quale ha precisato: «Non siamo qui per chiedere privilegi o scorciatoie, e neppure per sottrarci ai controlli doverosi, ma intendiamo tornare a chiedere per i genitori la piena libertà di scelta in campo educativo, che la legge 62/2000 non è riuscita ancora a risolvere».

Giuseppe Richiedei

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