Categorie: Politica scolastica

Il potere del dirigente a scuola

Secondo un articolo apparso su Il Sussidiario, il potere del preside sarebbe praticamente nullo e dirigere le scuole è sempre più difficile. Il povero preside si barcamena e siccome dall’alto vengono solo indicazioni generiche e la certezza di essere abbandonati in caso di conflitto pubblico, egli cerca di salvarsi associandosi a qualche organizzazione sindacale o culturale o a gruppi di colleghi che si coordinano tra loro. A volte operando in totale solitudine.

Le sue “scelte” sono quindi generalmente delle opzioni maturate dentro la dialettica interna delle scuole in cui i vari schieramenti sindacali agiscono unitamente o litigiosamente oppure tentativi di applicazione all’interno di suggestioni esterne maturate nei circuiti professionali, sindacali, politici, culturali, amicali, in cui il preside è inserito.

Ciò che sempre brilla è l’assenza della spinta, del controllo e dell’aiuto del ministero invadente ed assente. Invadente perché di fatto gestisce totalmente le dinamiche del personale, i programmi, le risorse finanziarie. Ma assente perché non coglie nemmeno minimamente l’impatto che la sua direzione ha negli istituti scolastici ed in primo luogo nelle menti dei suoi manager chiave, i dirigenti di istituto. Un dirigente quindi solo, un misto di solitudine e di illimitata discrezionalità che ben presto si chiarificano nella percezione netta che tutti hanno: arrangiati, ma se succedono guai, sei solo.

Se il preside  operasse coordinato in  un’area territoriale non troppo estesa, in cui confrontarsi abitualmente con una ventina di suoi colleghi sotto il controllo di un ufficio scolastico distrettuale, certe fantasie probabilmente non si materializzerebbero nemmeno.

Sarebbe chiaro a tutti il clima del territorio in cui le scuole operano ed i consigli dei più esperti ed il parere su questioni delicate del vicinissimo dirigente distrettuale sarebbero  ascoltati in maniera semplice e rapida. Anche le aspettative del ministero sarebbero esplicitate concretamente e chiaramente e non tramite i comunicati generali fatti per compiacere la stampa. I rischi di svarioni o abusi personali diminuirebbero moltissimo ed anche la sottomissione a realtà organizzative deteriorate e pietrificate di un singolo istituto sarebbe molto minore.

I dirigenti dell’ufficio scolastico distrettuale sovraordinati a 20-30 presidi diventerebbero i veri collegamenti tra ufficio scolastico regionale e ministero da una parte e realtà degli istituti scolastici dall’altra.

Il governo della scuola sarebbe allora possibile con segnali veri, rapidi e chiari dal centro alla periferia e viceversa: perché si lasciano invece sopravvivere i circa cento uffici scolastici provinciali? Ormai sono totalmente inutili. Con due o trecento dirigenti di Usd si introdurrebbero, a costi praticamente invariati, delle reali linee di comunicazione, di collegamento e di forza e gli apparenti dispotismi dei presidi, che sono in realtà stravaganze di poverelli spesso impauriti e frustrati, sicuramente cesserebbero. Certo i vertici ministeriali dovrebbero a quel punto diventare dirigenti veri, e non galleggiatori nobilitati da appelli generali politicamente corretti e à la page.

Pasquale Almirante

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