Come era facilmente prevedibile il primo siluro contro l’intesa della notte del 23 aprile arriva proprio dai sindacati.
Non dai sindacati del comparto, ovviamente, ma da quelli che rappresentano i lavoratori del Pubblico Impiego i quali dicono, legittimamente dal loro punto di vista, che non ci sono lavoratori di serie A e di serie B: le risorse, dicono, devono esserci per tutti sia per i docenti sia per tutti coloro che lavorano alle dipendenze dello Stato.
A questo punto il Governo può ben dire di aver già vinto il primo tempo di una partita che si preannuncia lunga, lunghissima e che si concluderà sicuramente solo dopo i tempi supplementari, se non addirittura dopo i rigori.
Dopo la sortita dei sindacati del Pubblico Impiego, al Governo basterà rivolgersi a tutti e dire: “Ragazzi, a questo punto incominciate a mettervi d’accordo fra di voi e poi ne parleremo”.
Non dimentichiamo che già l’accordo Governo-sindacati stipulato ai tempi della ministra Madia prevedeva che i successivi contratti sarebbero dovuti servire per sostenere le retribuzioni più basse (per esempio quelle del personale Ata della scuola o quelle dei lavoratori con qualifica di operaio negli enti locali): l’idea era cioè quella di riconoscere aumenti più alti agli stipendi più bassi e più modesti a quelli più “consistenti”.
Come si sia conclusa la vicenda contrattuale del triennio 2016-18 lo sappiamo bene: gli aumenti si attestarono intorno al 3,5% per tutti con il risultato che gli stipendi più bassi sono rimasti sempre i più bassi; anzi, con questo meccanismo, la “forbice” nella scala retributiva si è ulteriormente allargata.
Non si capisce quindi per quale curioso motivo in questa circostanza la vicenda dovrebbe concludersi in modo diverso.
Non è difficile dunque prevedere che, anche dopo la prossima tornata contrattuale, gli stipendi del personale scolastico continueranno ad essere inferiori a quelli degli altri statali, come è stato più volte certificato anche dalla stessa Ragioneria Generale dello Stato.
Ma questa volta sarebbe chiara la motivazione: il Governo non intende intervenire per invertire la rotta e anche i sindacati non ne sono molto convinti.
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