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La corte Ue: le bambine musulmane in piscina con i maschi

I genitori musulmani non possono, in nome della propria religione, pretendere che le proprie figlie siano esentate dai corsi di nuoto misti nelle scuole. E’ quanto ha sentenziato oggi la Corte europea dei diritti umani, respingendo il ricorso presentato da una famiglia turco-svizzera. L’inflessibilità delle autorità nel pretendere che le bambine partecipino ai corsi di nuovo è, certamente, una “ingerenza nella libertà di religione” delle famiglie coinvolte, ma questa ingerenza è giustificata in nome dell'”interesse dei bambini a una scolarizzazione completa”, che viene “prima della volontà dei genitori”, ha dichiarato la corte. Una coppia che vive a Basilea, con doppia cittadinanza turca e svizzera, aveva fatto ricorso alla Corte di Strasburgo dopo essere stata multata di quasi 1.300 euro per essersi rifiutata di autorizzare la frequenza delle due figlie, di età compresa tra 7 e 9 anni, ai corsi di nuoto.

 

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Le norme svizzere prevedono eventuali deroghe per motivi religiosi, ma solo dalla pubertà. “L’interesse dell’insegnamento del nuoto non si limita a imparare a nuotare, ma risiede principalmente nel fatto di praticare questa attività in comune con tutti gli altri studenti, a prescindere dalla provenienza dei bambini o dalle convinzioni religiose o filosofiche dei loro genitori”, ha aggiunto la corte. La sentenza non è definitiva: i genitori hanno tre mesi di tempo per chiedere una revisione del caso da parte della Corte europea che, però, non è tenuta ad accoglierla. (Aska)

Pasquale Almirante

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