I lettori ci scrivono

La didattica a distanza ha cancellato gli sguardi

Dopo l’impulso sonoro di avvenuta connessione, la lezione a distanza si svolge in silenzio, si parla di fronte allo schermo del computer, che come uno specchio proietta la propria immagine o quella di una slide. La classe è atomizzata, ridotta ad un elenco con microfoni e telecamere opportunamente disattivati, nel primo caso per evitare disturbi nel secondo per diritto di privacy.

Ma ci siete? Domando ripetutamente, qualcuno in ritardo risponde di sì. La presenza sonora mi conforta ma non mi soddisfa. Il contatto visivo è il paradigma dell’insegnamento, lo sguardo degli studenti quando si fa lezione, la postura, i movimenti, riflettono il grado di attenzione e di comprensione, segnali utili all’efficacia della comunicazione. La disattivazione della telecamera rende invisibile la classe e il docente non percepisce l’ascolto, come fare lezione in un’aula vuota. La discrasia è ancora più evidente durante l’interrogazione.

Gli occhi dello studente comunicano la relazione valoriale con la materia e il docente, lo sguardo del docente all’allievo comunica il suo interesse all’ascolto. Questo rapporto visivo è formativo, lo studente si sente apprezzato e riceve questo rinforzo, il docente altrettanto. Quando gli sguardi sono sfuggenti denotano indifferenza e insoddisfazione nella relazione o ricercano informazioni di rimbalzo. Lo studente guardando in alto ricerca nella mente delle informazioni, in basso rielabora informazioni, di lato denota smarrimento.

Lo sguardo diretto è approvazione e conferma. Interrogare e guardare negli occhi è come entrare nella mente dell’altro è la fusione di una relazione culturale. Le espressioni visive completano lo sguardo manifestando diversi livelli di approvazione o negazione, queste sono fondamentali nella comunicazione perché emotive e istintive e quindi sincere, mentre le parole possono essere ingannevoli. Lo sguardo è attenzione all’altro. Una scuola che cancella gli sguardi perde in umanità e competenza.

Gabriele Fraternali

I lettori ci scrivono

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