52mila posti e i mali della “buona scuola” sono risolti. Nulla di più falso. In quella che era la querelle tra i due ministeri e i sindacati, si è probabilmente perso di vista il vero obiettivo: gli studenti. Tutti. Anche quelli del Sud. Anche quelli che si vedranno nuovamente perdere i docenti (in barba alla tanto osannata continuità) perché “deportati” al nord per l’ennesima volta con la riforma come i “nastrini rossi”.
In molti credono che i 52mila posti potranno essere manna dal cielo per stabilizzare i precari ancora in Gae, ma quasi nessuno di noi assunti con la 107 spera in un miracolo, dato che siamo oltre 30mila allo sbaraglio lontano dalle nostre famiglie… allora cosa c’è di vero in questa trovata mediatica (a dire il vero, l’ennesima) del nulla per il nulla?
Sì, perché dopo lo slogan delle 52mila cattedre stabilizzate, ora va compreso dove esse saranno dislocate geograficamente. Notizia non pervenuta. Né a noi docenti in cerca della via per il rientro e neppure per i colleghi ancora precari. Cosa resta? L’amarezza dei tentativi neppure provati, la “buona scuola” che ha clamorosamente toppato, tanti slogan e zero fatti.
Con il 30% forse solo una manciata di noi potrà porre fine all’emergenza socio-economica che sta vivendo. Ma la soluzione è possibile: è necessario rimodulare l’organico e iniziare ad usare con più criterio i fondi stanziati.
I 20 mila pensionamenti sono quasi tutti al Nord, come le cattedre vacanti, una vaga speranza di avere cattedre stabilizzate al Sud persiste per i posti trasformati da organico di fatto a organico di diritto, anche se non saranno minimamente sufficienti per i rientri di noi 30mila docenti “deportati” dalla riforma. In questo bottino più politico che reale, dovremo poi fare i conti con il 30% dei posti a noi spettanti per la mobilità come da contratto siglato tra sindacati e ministero dell’Istruzione.
La realtà dei fatti ci dice ancora una volta che matematica e geografia non sembrano andare d’accordo quando si tratta di piani assunzionali di insegnanti. È chiaro che con questi numeri il problema dei docenti “deportati” dalla Riforma persisterà ancora.
Ecco perché non bisogna stupirsi se noi, docenti assunti con la “Buona Scuola” da Sud a Nord non siamo neppure menzionabili in un comunicato dai toni rosei e sereni.
Noi, corto circuito della Riforma, esistiamo e sappiamo bene di aver prodotto nuovamente una domanda di mobilità al buio, senza conoscere il reale numero dei posti disponibili e la loro dislocazione geografica. Eppure i giudici continuano a darci ragione sebbene da parte del Ministero le sentenze divengano esecutive solo in parte a seguito di continui espedienti. La situazione che si sta palesando è una giungla di diritti calpestati; scenario inaccettabile in uno stato di diritto. Lo stato e i sindacati hanno il dovere di darci delle risposte concrete perché il lavoro è un diritto anche al Sud. Perché ancora una volta la mobilità non risolverà il problema di noi docenti che quotidianamente subiamo sulla nostra pelle gli errori di una legge figlia del non dialogo, della superficialità e della fretta.
A leggere attentamente ciò che sta accadendo nel dibattito sulla scuola, è difficile non pensare…
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