Attualità

Le minoranze linguistiche in Italia: una mostra e un podcast, il progetto Voci Nascoste

In Italia esistono lingue antiche tuttora in uso, un ricco patrimonio linguistico ancora vivo e vibrante. Con il progetto “Voci Nascoste – Le lingue che resistono”, attraverso la fotografia e un podcast, parole e suoni raccontano gesti, tradizioni, tramandati per generazioni, capaci di resistere persino allo spopolamento dei paesi. Il progetto è nato per ritrarre lingue dalle radici antiche. Si tratta di parole e suoni tramandati da generazioni, che resistono all’invecchiamento degli abitanti e allo spopolamento dei paesi. L’idea è quella di narrare un’Italia che non fa notizia ma che merita di essere narrata.
Le immagini ci raccontano di un paesaggio in cui storia, persone e sacralità dei luoghi si intrecciano, mostrandoci un patrimonio di conoscenze e di storie di vita in continua trasformazione.

Le lingue che resistono è dedicato a tre delle minoranze linguistiche presenti nelle aree interne della penisola italiana: il francoprovenzale, il griko e l’arberesh. La voce che apre le puntate è quella di Mario Calabresi e l’autore è Valerio Millefoglie. Le foto sono esposte nella mostra omonima a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Un centro espositivo per la fotografia italiana e internazionale, a Torino, fino al 2 giugno.

Le Lingue minoritarie in Italia

La legge 482 del 15 dicembre 1999, pur riconoscendo nell’Italiano la lingua ufficiale, tutela la lingua e la cultura delle minoranze, in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei.

Le minoranze linguistiche in Italia possono essere suddivise in tre gruppi: lingue provenienti da un altro paese e stanziatesi da secoli nel nostro, lingue che rappresentano in qualche modo un’appendice di un territorio estero in Italia e varietà linguistiche parlate storicamente sul territorio, ma che si sono evolute secondo proprie regole, così da risultare profondamente diverse. In Italia si parlano 12 lingue ufficialmente riconosciute, oltre all’italiano. Da nord sud, circa 3 milioni di persone, distribuite in mille comuni di 14 regioni diverse, conservano ancora memorie e uso degli idiomi dei loro antenati.

Lingue minoritarie e scuola

La legge conferisce un ruolo preminente alla scuola e affida ad essa il compito di valorizzare il ricco mosaico di lingue, offrire opportunità formative sempre più ampie, garantendo il diritto degli appartenenti a tali minoranze ad apprendere la propria lingua materna.

Il Ministero dell’Istruzione dedica una serie di pagine alle lingue minoritarie https://www.miur.gov.it/lingue-di-minoranza.

In particolare gli articoli 4 e 5 della legge 482 prevedono due livelli di intervento:

  • il livello centrale, con la promozione e la realizzazione di progetti nazionali o locali di valorizzazione delle lingue di minoranza;
  • il livello delle singole istituzioni scolastiche situate in ambiti territoriali e sub-comunali delimitati in cui si applicano le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

La legge contiene norme specifiche per l’insegnamento delle lingue minoritarie nelle scuole delle dodici comunità linguistiche riconosciute: comunità albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Le scuole curano l’apprendimento della lingua della minoranza e, nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica, stabiliscono come debbano svolgersi le attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni locali, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni. Questi, al momento dell’iscrizione, comunicano se intendono avvalersi, per i propri figli, dell’insegnamento della lingua della minoranza.

Nelle scuole dell’infanzia è previsto, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della lingua della minoranza per svolgere le attività educative.

Nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, la lingua della minoranza può essere utilizzata come strumento di insegnamento.

Le istituzioni scolastiche del primo ciclo possono, inoltre, prevedere ampliamenti dell’offerta formativa rivolta agli adulti, oltre che attività di formazione e aggiornamento per i docenti.

Carmelina Maurizio

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