Attualità

Maradona, addio all’uomo che trasformò il calcio in poesia

Da poche ore Diego Armando Maradona non c’è più. Il mondo piange la sua scomparsa. Se ne è andato all’improvviso, stupendo tutti. Come aveva fatto durante la sua carriera di calciatore.

Ma non era solo un calciatore. Chi oggi ha più di 40 anni lo sa bene. Nato nella periferia meridionale di Buenos Aires, Maradona è stato un artista del calcio, un “pennellatore” di giocate sublimi, di gol impossibili, di dribbling fatti nello stesso tempo di tecnica, talento e forza. Perché la naturalezza e l’esplosività delle sue azioni in campo potevano contare su delle fibre muscolari molto oltre la media. L’istinto lo guidava, il fisico lo sosteneva.

La partita Argentina-Inghilterra dell’estate del 1986 fu la sintesi di quello che era in grado di fare questo piccolo grande uomo: contro i bianchi britannici fu artefice di una serpentina mozzafiato arrivando a dribblare mezza squadra, portiere compreso, andando a realizzare quello che in tanti hanno definito il più bel gol della storia del calcio.

Nella stessa partita Diego realizzò anche il famoso gol con la “mano di dio”, anticipando il portiere nell’unico modo in cui la scarsa altezza poteva aiutarlo: un’azione chiaramente non regolare, ma non c’era il Var e la terna arbitrale non vide, frutto di una scaltrezza che lo contraddistingueva sul rettangolo di gioco come nella vita.

Come tutti gli istintivi, Maradona conviveva infatti con un limite: non era in grado di guardare oltre al suo agire. Una condizione che lo ha portato a diventare schiavo di “altro”. E questo era il Maradona buio, fatto di nottate brave e mancati allenamenti, di reazioni incontrollate e di dichiarazioni sopra le righe.

La bellezza e la destrezza del suo calcio, però, erano così immense che nessuno riusciva a condannarlo oltremodo.

Quando oggi abbiamo appreso della sua scomparsa, noi over 40 che abbiamo assistito alle sue gesta ci siamo fermati per un attimo.

E siamo tornati indietro con la memoria. A quell’incredibile decennio a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, durante il quale Diego ha fatto letteralmente impazzire la piazza di Napoli, regalandogli un fiume di gol, di azioni da brivido, due scudetti, una Supercoppa italiana e una Coppa Uefa.

La mente è tornata a quell’uomo che, senza cultura e senza volerlo, ha trasformato il calcio in poesia. Adios Diego.

Alessandro Giuliani

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