Ormai la maggior parte degli studenti si è lasciata gli Esami di Stato alle spalle.
Con i quadri che riportano i risultati finali che hanno ufficializzato il verdetto e il capitolo maturità diventerà presto l’ultimo ricordo legato alle scuole superiori.
Ma quanto e in che modo quel voto influirà sul futuro dei giovani neodiplomati?
Il voto di maturità non è altro che il risultato della somma dei crediti scolastici, di quelli formativi (i crediti accumulati con attività extrascolastiche e che dunque non dipendono dalla media dei voti), dei punti delle prove scritte e del colloquio orale.
Non è difficile intuire che ovviamente avrà un peso maggiore nei curricula di coloro che non intendono proseguire gli studi. Soltanto il 3% dei diplomati al liceo sceglie di non iscriversi all’università, mentre il 67% degli studenti provenienti da istituti professionali e tecnici si lancia immediatamente nel mondo del lavoro.
In questi casi il voto sembrerebbe fare la differenza: secondo AlmaDiploma chi si diploma con il massimo dei voti ha l’80% di possibilità in più di trovare lavoro rispetto a chi raggiunge il minimo, ovvero 60.
Tuttavia non è sempre il voto a fare la differenza. I datori di lavoro infatti tendono a dare più peso ad altri fattori, quali le esperienze all’estero, gli stage o le esperienze di lavoro: questi infatti sembrerebbero incrementare del 31% le possibilità di assunzione e possono certamente dire di più sulle capacità del candidato.
Se invece si sceglie, come la maggior parte dei diplomati liceali, di portare avanti il proprio percorso di studi il risultato finale degli esami di maturità è da valutare in modo differente. Può essere infatti considerato un indice, ma non condiziona in alcun modo l’accesso ai test corsi di laurea delle varie facoltà, tanto meno l’ammissione a queste ultime.
In realtà molto spesso ci si concentra in modo eccessivo sul voto, su un numero che raramente si rivela essere lo specchio fedele delle conoscenze, dell’impegno e delle abilità di un individuo.
Sarebbe quindi sempre bene sottolineare questo nelle scuole, tanto con gli studenti quanto con i genitori, per non trasmettere inutili ansie o competizioni sterili che, ai fini delle conoscenze culturali non si rendono di certo necessarie.
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