E’ cresciuto il numero degli insegnanti che chiedono al Governo che la scuola sia messa al centro dell’attenzione della politica, affinché si possa tornare, con tutte le garanzie, alla didattica in presenza il prossimo settembre, perché solo così potrà essere garantito appieno il diritto costituzionale all’istruzione.
La didattica virtuale infatti è stata la cura nella fase acuta dell’emergenza, ma la scuola recupererà pienamente il suo ruolo e la sua efficacia solo quando si potrà rientrare in aula, e questo presuppone un piano che consenta di lavorare in piena sicurezza riprendendo il lavoro in presenza, anche perché il divario imposto dalla distanza fisica ha determinato soprattutto quello sociale, che incide in modo più acuto e subdolo sull’ accesso reale al diritto allo studio.
Entrambe le condizioni, sicurezza e presenza, sono ugualmente necessarie, e non possono essere considerate come in alternativa una all’altra.
Proprio come la sanità, anche l’istruzione ha pagato in questi anni il suo pesante debito, dovuto ai tagli decisi dai nostri governi. È sotto gli occhi di tutti la condizione inadeguata della maggior parte delle strutture scolastiche, il numero troppo elevato di alunni per classe, il tasso preoccupante di dispersione scolastica, che nel nostro paese arriva al 14,5% (Rapporto Istat Sgds 2019). Problemi annosi, già ben radicati prima dell’emergenza Covid 19, ma che oggi emergono in tutta la loro gravità ed evidenziano ancor di più la necessità di investire seriamente e programmaticamente nella scuola.
Oggi più che mai, la scuola non può pagare ulteriori scotti: che questa, dunque, sia l’occasione di ripensare il ruolo dell’istruzione, ponendola realmente al centro della ripartenza del Paese, con politiche programmate e investimenti.
Non esiste un apprendimento valido che non presupponga un dialogo, un ascolto, un’attenzione, un contatto tra insegnante e studenti. La presenza è stata e resta il canale per la vera condivisione educativa.
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