Un appello per la “Scuola pubblica” è partito da pochi giorni e ha già raccolto più di 7000 firme.
È rivolto, non solo agli addetti, ma anche alle famiglie, anche perché l’appello è stato “scritto da chi insegna nella scuola e sperimenta insieme agli alunni, giorno dopo giorno, le drammatiche conseguenze degli interventi normativi degli ultimi anni, svelandone tutte le implicazioni culturali, pedagogiche, professionali, al di là della retorica e della mistificazione imperanti nel discorso pubblico ufficiale”.
Inoltre, per i promotori, finora il vero problema, “prima ancora dell’assenza di un’interlocuzione politica realmente disponibile all’ascolto e al confronto dialettico, è stato quello della mancanza di una reazione forte e unitaria da parte del mondo della scuola e della società civile”.
“Se i docenti avessero reagito massicciamente fin dalla presentazione in video della ‘Buona scuola’ e poi, a partire da giugno 2015, un mese prima dell’approvazione della legge, aderendo unanimi al blocco degli scrutini indetto dai sindacati di base dopo lo sciopero ‘epocale’ del 5 maggio; e se il 9 luglio 2015, giorno dell’approvazione definitiva della riforma, a Roma sotto il Parlamento fossimo stati un milione, quanti siamo in Italia, e non solo due-trecento, quanti eravamo, la legge non sarebbe stata approvata”.
“In pochi, nel 2015, – si legge su MicroMega- hanno capito che la posta in gioco con la 107, dopo vent’anni di autonomia ovvero di progressiva trasformazione dell’istituzione scolastica in azienda privata a partecipazione statale, era la fine della scuola pubblica. E molti docenti non lo hanno capito neppure dopo, quando è fallita la campagna per i referendum abrogativi anche perché sono mancate le loro firme”.
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