Il governo discute sulle pensioni e sugli anticipi di uscita dal lavoro, per dare soprattutto credito a quanto promesso da Matteo Salvini nel corso della campagna elettorale, il quale ha sempre parlatro di abolire la legge Fornero.
Ora si parla di uscita anticipata mettendo in capo alcune ipotesi come quella di potere abbandonare il lavoro a 62 o 63 anni ma con un congruo numero minimo di anni di contributi, e pure di dare incentivi a chi decide di restare con un aumento in busta paga che potrebbe essere anche del 10%.
Secondo il Corriere della Sera: “un lavoratore che abbia maturato i requisiti potrebbe scegliere di restare sulla base di incentivi ben precisi: se continua a lavorare, il dipendente e il datore smettono di versare i contributi e una parte di quelle somme entrerebbe in busta paga come aumento netto di stipendio (per esempio, di circa il 10%)”.
“L’azienda potrebbe godere di un calo del costo lordo del lavoro, il dipendente di una busta paga più alta. Poi il pensionamento avverrebbe sulla base dei contributi accumulati fino al momento in cui il lavoratore ha scelto questa opzione, senza contare l’anzianità degli ultimi anni di lavoro incentivato”.
In ogni caso sembrerebbe che Quota 41 sia ritenuta un possibile punto di partenza, in attesa di una revisione complessiva del sistema pensionistico, anche se molti dubbi gravano come il cosiddetto inverno demografico e il combinato tra inflazione e indicizzazione che avranno un impatto di oltre 50 miliardi sulla spesa pensionistica al 2025.
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